mercoledì, 15 Gennaio, 2025
Società

Il Cyber crime: “La nuova frontiera del diritto penale”

Rossana Ferraro

La diffusione dei social media ha limitato i contatti umani e ridotto la fisicità delle relazioni sociali. Le interazioni digitali in crescita esponenziale hanno conseguentemente aumentato le forme di cybercriminalità, che assume dimensioni differenziate nella sua gravità: dalla diffusione di immagini non autorizzate (art. 167 dlgs 196/2003) alla pedopornografia (art. 600 quater cp), dalla diffamazione ( 595 cp) al revenge porn ( 612 ter cp), dal cyberbullismo (L. 71/2017) al  cyber-stalking ( art. 612 bis cp), dal catfishing ( art. 494 cp) al grooming (609 undecies cp). L’uso capillare del web ha tuttavia evidenziato i limiti del tradizionale diritto penale, che appare spesso inadeguato a fornire una tutela immediata in tale ambito: ogni cybercrime richiede un’azione istituzionale rapida e veloce, “sincronizzata” alla velocità dei GIGA con cui si diffonde il crimine nel mondo digitale. Il diritto penale ordinario è stato concepito per operare in una realtà statica, sorretta da regole con confini nazionali e territoriali, con rigide deroghe ed eccezioni. Invece, il termine Cyber ha connotati non immediatamente geolocalizzabili, proprio in ragione dell’astrattezza fisica dello spazio web, che trascende dai confini naturalistici e territoriali.

Il web è uno spazio comunicativo senza frontiere; esso ha assorbito e superato il concetto di “ambiente” sociale, tradizionalmente inteso come realtà ancorata alla fisicità. Da qui la necessità di cooperare a livello internazionale per creare nuove forme di tutela per le azioni che si muovono nel cyber-spazio. Inizialmente, con l’avvento di internet, la preoccupazione istituzionale a livello mondiale si è concentrata nel porre in essere delle nozioni concettuali “comuni” in materia di Cyber Crime e di Sexual abuse, al fine di evitare la creazione di “oasi di non punibilità”, solo con specifico riguardo alla tematica degli abusi sessuali sui minori a mezzo web: affinché tutti i bambini vedessero il loro diritto di essere tutelati e protetti a prescindere dallo Stato di appartenenza. Tale interesse ha coinvolto anche l’Organizzazione Mondiale del Turismo, che è la sola organizzazione intergovernativa che funge da forum mondiale per le politiche turistiche e le questioni ad esse correlate. L’implementazione del cyberspazio ha favorito infatti la diffusione comunicativa di comportamenti sessuali distorti, che coinvolgono i cd. “pedofili”, cui ha cercato di dare una prima risposta la Conferenza mondiale di Stoccolma del 1996. Tale base normativa è stata rivisitata con un più recente documento elaborato nel 2001 a Yokohama, con il Secondo Congresso Mondiale contro lo Sfruttamento Sessuale Commerciale dei Bambini. Difatti, è proprio a partire dagli anni 2000, subito dopo il trattato di Amsterdam, che si è raggiunta la consapevolezza, in ambito UE, che per realizzare uno “spazio comune di Libertà, Giustizia e Sicurezza” bisognasse intervenire dapprima per tutelare i bambini da tutte le forme di attacchi diretti ed indiretti alla loro persona, di cui il web rappresenta un potente e pericoloso strumento.

Nel contesto Europeo, la tematica del “cyber” fu affrontata specificatamente con la Decisione del Consiglio dell’Unione Europea relativa alla lotta contro la pornografia infantile (2000/375/GAI ) con l’intenzione di prevenire e combattere l’abuso sessuale dei bambini e, in particolare, la produzione, il trattamento, il possesso e la diffusione di materiale pornografico infantile attraverso internet. Il primo vero Trattato in materia di “cyber” fu sottoscritto nel 2001, con la Convenzione di Budapest che rappresenta è il più importante “atto” internazionale a tutela degli individui e dei loro diritti contro la criminalità informatica.

15In seguito, la Convenzione del Consiglio d’Europa del 25-10-2007 (cd. Convenzione di Lanzarote) attuata in Italia con la legge 1ottobre 2012, n. 172, ha approntato una normativa tesa a valorizzare la protezione del “minore” contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali a mezzo internet. Essa definisce “grooming” la manipolazione psicologica per scopi sessuali.

Nel panorama nazionale italiano, la diffusione dei social ed il coinvolgimento massiccio del minorenni nell’utilizzo dello strumento informatico ha generato uno strumento specifico contro il “CYBERBULLISMO”, che è rappresentato dalla legge 71/2017. Questa legge punta a favorire una maggiore consapevolezza fra i ragazzi dell’importanza di non assumere atteggiamenti persecutori e, per la prima volta, fornisce una definizione giuridica di “cyberbullismo”

La recente digitalizzazione della società, favorita anche dalla pandemia, ha posto tuttavia in luce la limitata efficacia delle forme di tutela giudiziaria in campo cybernetico, poiché esse sono comunque ancorate agli strumenti processuali penalistici tradizionali.

Inoltre, l’utilizzo capillare della rete da parte della collettività ha realizzato nuove forme di illeciti che coinvolgono quotidianamente gli adulti, senza differenza di età o ceto sociale. Il diritto penale tradizionale in tale ambito appare non idoneo a fronteggiare le richieste di intervento da parte delle Forze dell’Ordine, per contrastare le condotte criminali che utilizzano il web come rapido viatico delle loro azioni.

Insomma, il crimine ha assunto un diverso aspetto e tale metamorfosi pone una serie di interrogativi sulla necessità di una riforma normativa immediata non procrastinabile dal Legislatore. L’assenza di una disciplina ad hoc tesa a fronteggiare i nuovi fenomeni del crimine informatico, che attivi una risposta immediata di tutela, rischia di generare una nuova forma di “vittimizzazione secondaria”, in pieno contrasto con i principi ispiratori della direttiva 2012/29/UE nonché con gli articoli 8 ed 82 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. Affiora l’esigenza di attuare una forma veloce di tutela soprattutto per realizzare il “diritto all’oblio” della vittima internauta nel web: tale diritto è stato da tempo consacrato dal punto di vista penalistico soltanto grazie a C. Cost., 22 settembre 2010, n. 287, che ha avviato un processo di graduale affrancamento di tale diritto dal novero dei diritti della personalità (alla riservatezza, all’onore, all’immagine, alla reputazione, ecc.). Tuttavia, tale diritto non è da considerarsi “assoluto”, come ricordato anche dall’European Data Protection Board (EDPB) nelle linee guida 05/2019, nell’ambito informatico. Inoltre, la cancellazione dei dati nel web è ancora legata ad un procedimento giurisdizionalizzato, che richiede tempo: mentre il mondo digitale si muove con una velocità inarrestabile, che non può essere fermata con i metodi di tutela tradizionali.

L’esigenza di un intervento immediato è comunque multidisciplinare, coinvolgendo ogni ambito istituzionale.

Innanzitutto, affiora la necessità non differibile di istituire “l’educazione al digitale” nella didattica, alla stregua di altre materie scientifiche e letterarie, per educare i minori all’utilizzo consapevole della rete.

L’assenza di una organica normativa e di strumenti innovativi di controllo e repressione dell’illecito cybernetico determina un problema di  cybersicurezza, che assurge a tema di ordine pubblico, inserendosi nell’ambito del  terrorismo internazionale: il trafficking e smuggling si servono oramai solo della rete come strumento di attuazione dei piani di reclutamento e di realizzazione degli obiettivi criminali, finalizzate alle forme di traffico degli esseri umani. La formazione continua del personale delle FF.OO. e delle FF. AA. sta diventando una priorità nazionale per la salvaguardia della società stessa, collocata fra realtà fenomelogica e dimensione  Cybernetica”.

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