domenica, 22 Dicembre, 2024
Economia

Nel 2023 solo 0,9%. Istat: industria -2,1%

Stime Ue. Pil in calo

Un dato, quello comunicato ieri dall’Istat, che certifica un momento non facile per l’economia italiana: la produzione industriale, a luglio, ha subìto una brusca frenata, diminuendo dello 0,7% (rispetto al +0,5% di giugno e a previsioni di -0,3%) mentre a livello annuale ha mostrato un -2,1%.
I motivi che hanno portato a questo rallentamento vanno ricercati in una serie di fattori, tra cui la guerra in Ucraina che ha portato a un aumento dei costi dell’energia e delle materie prime, con un conseguente impatto negativo sulla domanda interna; e poi ancora la graduale eliminazione degli incentivi per l’edilizia che hanno contribuito a sostenere la crescita economica italiana negli ultimi due anni; infine, l’aumento dei tassi di interesse, che ha reso più costoso per le imprese e le famiglie ottenere prestiti.

In calo anche i prestiti

Nel Belpaese il calo ha interessato tutti i principali settori, con una contrazione del 3,7% per i beni di consumo, del 4,0% per l’energia e del 4,5% per i beni intermedi. Solo i beni strumentali sono rimasti in crescita, con un aumento del 3,0%. I soli settori di attività economica che presentano variazioni tendenziali positive sono la fabbricazione di mezzi di trasporto (+10,1%), la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+5,8%) e la fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (+0,4%). I settori rimanenti sono tutti in flessione; quelle più ampie si registrano nell’industria del legno, della carta e della stampa (-12,3%), nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-10,8%) e nell’attività estrattiva (-10,1%).
Frenano, secondo la Banca d’Italia, anche i prestiti al settore privato che sono diminuiti del 2,3% a luglio 2023 rispetto a luglio 2022. Stesso discorso per i prestiti alle famiglie, in calo dello 0,3%.
Di certo sono numeri (quelli soprattutto relativi alla produzione industriale) che non possono far dormire sonni tranquilli. Per il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, ospite del programma ‘Re Start’ su Rai3, sono “segnali di allarme, anche se in qualche misura aspettati” per due fattori principali: “Il primo è l’aumento del prezzo del petrolio che ha inciso sul sistema produttivo perché ha fatto aumentare il costo dell’energia, il secondo va ricercato nel fatto che la Germania è in recessione da molti mesi. Quando si arresta questo Paese, contestualmente si arresta il sistema produttivo italiano”.

Slancio ridotto del Pil

Ma le notizie negative arrivano anche in merito alle stime del Pil italiano che la Commissione europea rivede al ribasso parlando quindi di uno “slancio ridotto”. Nello specifico, i tecnici di Bruxelles nelle loro previsioni economiche parlano di un +0,9% per il 2023 e un +0,8% per il 2024 mentre a maggio i dati erano rispettivamente di 1,2% e 1,1%. Le cause vanno ricercate principalmente nel calo della domanda interna, trascinato dalla graduale eliminazione degli incentivi per l’edilizia, e nell’aumento dei prezzi non direttamente equilibrato dall’aumento dei salari. Secondo la Commissione europea, la crescita economica dell’Italia ha iniziato a rallentare lo scorso anno, arrestando la ripresa post-pandemia che aveva portato la crescita al 7% nel 2021 e al 3,7% nel 2022.
La situazione italiana è molto simile a quella della zona euro: le previsioni della Commissione sul Pil parlano di una crescita dello 0,8% nel 2023 (la stima precedente era dell’1,1%). Nel 2024, l’economia dovrebbe crescere dell’1,3% (rispetto al precedente 1,6%). Per quanto riguarda l’inflazione, l’Ue ha rivisto al ribasso le stime sia nell’eurozona (5,6% nel 2023 dal 5,8% e 2,9% nel 2024 dal 2,8%) sia in Italia (5,9 nel 2023 e 2,9 nel 2024).

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