Conversazione con il prof. Vittorio Emanuele Parsi
La presidenza Biden sta conducendo un’accorta politica diplomatica verso la Cina. Senza nulla concedere sul piano della competizione economica gli Stati Uniti intrecciano relazioni sempre più di lungo periodo con altri Paesi su cui Pechino vorrebbe esercitare la sua egemonia. Ne parliamo con il Prof. Vittorio Emanuele Parsi, ordinario di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica di Milano
Qual è la strategia di contenimento diplomatico degli Stati Uniti verso la Cina?
E’ una strategia a cerchi concentrici. Ci sono legami forti con Paesi con cui esiste una integrazione economica e militare come Giappone e Corea del Sud. Altri con cui ci sono solidi rapporti politici come Australia, Nuova Zelanda e Regno Unito. E poi ci sono relazioni sempre più intense con Paesi che sono preoccupati del protagonismo di Xi Jinping, alcuni tradizionalmente vicini a Washington come le Filippine e la Thailandia, altri con cui si stanno intensificando i rapporti come l’Indonesia, il Vietnam e la Malesia. C’è poi il nuovo stile di dialogo con l’India e poi c’è soprattutto la storica relazione con Taiwan.
Con quale obiettivo gli Stati Uniti stanno creando questa sorta di cordone intorno alla Cina?
C’è una convergenza di interessi e di preoccupazioni tra gli Usa e questi Paesi che si trovano geograficamente vicini alla Cina.
Gli americani sono preoccupati che la Cina possa aspirare ad una leadership mondiale e sovvertire i principi che hanno consentito l’ordine internazionale nel secondo dopoguerra. I Paesi vicini alla Cina temono questo atteggiamento sempre più assertivo di Pechino anche in campo militare che potrebbe limitare la loro sovranità.
Nella recente riunione dei Brics la Cina l’ha fatta da padrona. Questo gruppo si allarga e punta ad avere una moneta comune per scalzare il dollaro e contrapporsi al Fondo Monetario Internazionale. Siamo di fronte ad una minaccia reale?
Di per sé creare una nuova area valutaria non costituisce una minaccia. L’Euro non è stato percepito come tale, anzi ha contribuito a stabilizzare l’economia mondiale. Il problema è che sono minacciose le intenzioni con cui la si fa. E la Cina vuole portare un attacco frontale alla leadership americana. Ma tra il dire e il fare… Il dollaro, come l’euro, il franco svizzero e la sterlina sono monete stabili e accettate e i Paesi che le utilizzano di fatto controllano che il Paese che le emette non faccia scelte azzardate. Sostituire queste valute con Il crusero o lo yuan che non hanno la caratteristica di essere universalmente accettate impedisce agli utilizzatori di limitare lo strapotere del governo che batte queste monete.
Il ruolo dell’India appare sempre più cruciale nei futuri equilibri internazionali. Nuova Dehli mantiene un atteggiamento ancora ambiguo verso le pretese di leadership della Cina. Si può immaginare che l’India e forse anche l’India possano essere gli alleati più importanti e affidabili dell’Occidente in quel contesto?
L’India ha superato la Cina per abitanti. Ha una popolazione giovane ed è una democrazia consolidata da decenni. Ha avuto molti contrasti con la Cina per le frontiere tibetane, per il fatto che Pechino sia stato uno dei protettori del nemico di sempre, il Pakistan. Per il governo indiano stare con la Cina potrebbe essere interessante perchè consente di uscire da questa centralità del mondo bianco. L’India ha pagato un altissimo prezzo al colonialismo britannico. Ma l’India potrebbe anche pensare di potersi giocare una partita non come terzo soggetto dopo la Cina e la Russia ma in prima persona. Per gli Usa questo Paese è molto interessante perchè si trova geograficamente in un quadrante di mondo sufficientemente lontano sia dall’Europa che dal Giappone, per andare in concorrenza con gli altri due storici alleati dell’America.
In prospettiva l’India può diventare il leader dell’Asia meridionale e mirare a creare anche una partnership con il Giappone. Questo non significa che Nuova Delhi farà gli interessi dell’Occidente. Ma potrebbe capire che può avere più interesse a dialogare con l’Occidente e diventare leader autonoma di un’Asia meridionale piuttosto che essere gregaria della Cina.