Artificieri brillano 153 ordigni inesplosi
Gli effetti delle guerre non finiscono mai. L’Esercito italiano è ancora impegnato a disinnescare bombe inesplose della Seconda guerra mondiale. L’ultimo intervento degli artificieri è finito questo mese e ha visto l’impegno degli specialisti del 21esimo Reggimento Genio Guastarori di Caserta e la Brigata Bersaglieri Garibaldi; insieme hanno bonificato 153 ordigni, residuati bellici, in tutta la provincia dell’agro pontino.
Prevalentemente bombe di mortaio che si trovavano in una densa area boschiva vicino a Castelforte, in provincia di Latina. L’intervento, tra preparazione e messa in sicurezza, è durato circa un mese e mezzo perché tutti gli ordigni sono stati trasportato dal sito di rinvenimento a un cava in località Santi Cosma e Damiano per la loro bonifica.
Nel dettaglio, una volta giunti in cava, i residuati bellici inesplosi sono stati posizionati all’interno di camere di brillamento realizzate con ausili di materiali del genio utilizzati normalmente per lavori di fortificazione campale. Questo per evitare la proiezione di eventuali schegge metalliche. In una seconda fase, gli artificieri hanno neutralizzato, in sicurezza, fino a sei ordigni al giorno. Attraverso l’impiego di team CMD (Conventional Munition Disposal), l’Esercito Italiano, in una nota, “conferma una salda e costante presenza sul territorio nazionale nella salvaguardia dell’incolumità e per la sicurezza dei cittadini.”
All’Esercito serve ammodernamento
Esercito che, naturalmente, è anche su fronti molto più impegnativi, come raccontato durante l’ultima audizione alla Commissione Difesa della Camera, del capo di Stato maggiore dell’Esercito, generale Pietro Serino, che non ha mancato di sottolineare alcune criticità. “La Forza armata”, ha spiegato il generale, “ha accumulato un grave ritardo capacitivo che, per essere colmato, richiederà negli anni a venire risorse pari al doppio di quelle che normalmente avverrebbe in un modello equilibrato nel quale la componente terrestre assorbe circa il 25 per cento delle esigenze complessive”. E ora che è sfumata, o rimandata di molto, la costruzione dell’Eurotank, anche l’ammodernamento del parco carri armati si fa più impellente. Secondo l’ultimo rapporto Nato, la spesa italiana per la difesa ammonta a circa 1,5% del Pil; ancora lontano dal 2% “minimo richiesto”. E di questa percentuale almeno il 20% da destinare alla modernizzazione. Obiettivi, tra l’altro, concordati nel 2014 e che oggi, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, molti ritengono sia diventato un “obiettivo di partenza” e non “di arrivo.” L’Italia, se così fosse, dovrebbe aumentare la spesa militare almeno del 30%. Anche perché, nel nostro Paese, la spesa maggiore del budget militare è imputata a stipendi e pensioni per il personale. Vanno coperte voci come l’equipaggiamento, la ricerca e lo sviluppo, operazioni e infrastrutture. Un rinnovamento dei mezzi dell’Esercito: come ha spiegato il generale Serino – sul modello di quello navale già varata per la Marina.
Esercitazione nel Mediterraneo
Marina che proprio nei giorni scorsi, dal 2 all’11 agosto, ha partecipato a un’esercitazone nel Mediterraneo, assieme a Stati Uniti, Regno Unito, Turchia e Grecia. “L’esercitazione è stata l’occasione perfetta”, rileva un comunicato Nato, “per lo Standing Maritime Group 2 e il Gerald R. Ford Carrier Strike Group della US Navy per affinare le loro avanzate capacità di combattimento e l’interoperabilità.” All’esercitazione hanno partecipato tre delle navi di SNMG2: la fregata turca TCG Gokceada (F-494), la fregata della Marina ellenica HS Elli (F450) e il cacciatorpediniere della Royal Navy britannica HMS Duncan (D37). Alle navi si sono uniti un sottomarino italiano, un incrociatore e un cacciatorpediniere statunitensi, jet F-16 dell’aeronautica ellenica, aerei da pattugliamento marittimo statunitensi e una varietà di elicotteri marittimi. Al centro dell’esercitazione c’era la più grande e nuova portaerei del mondo, la USS Gerald R. Ford, con la sua ala aerea di jet F/A-18 e velivoli di preallarme aviotrasportati. Al culmine dell’addestramento la portaerei statunitense ha lanciato fino a 20 velivoli alla volta.