Ha un enorme potenziale di pericolosità, si chiama “sextortion”: estorsione sessuale. È un reato che conta tra le vittime soprattutto adolescenti maschi. La Polizia postale, solo in questi giorni di agosto, ha avuto un centinaio di segnalazioni, con vittime quasi tutti maschi, la maggioranza dei quali di età tra i 15 e 17 anni, e anche più piccoli. Adolescenti, spesso, “fragili” e “inesperti”. Nell’intero anno 2022 sono stati 132 i minori vittime di sextortion in Italia. Nei primi 3 mesi del 2023 i bambini adescati con meno di 13 anni sono stati 53. Trentaquattro invece i ragazzi tra i 14 e i 16 anni.
Vittime intrappolate dalla vergogna
“Si tratta di un fenomeno con un enorme potenziale di pericolosità perché agisce sulla fragilità delle vittime“, scrive la Polposta. Tutto inizia con qualche messaggio scambiato con profili social di ragazze e ragazzi gentili e avvenenti, apprezzamenti e like per le foto pubblicate. Si passa poi alle video chat e le richieste si fanno man mano più spinte. Dopo aver ottenuto foto e video intimi cominciano le richieste di denaro, accompagnati dalla minaccia che in caso di mancato pagamento, il materiale sessuale verrà diffuso tra tutti i contatti, gli amici e i parenti. Le vittime, intrappolate tra la vergogna e la paura che le immagini intime possano essere viste dai loro contatti, tendono a tenersi tutto per sé, a non confidarsi con nessuno e, fin quando possono, a pagare.
I consigli della Polposta
I consigli della Polizia postale spaziano dal suggerire di non cedere ma al ricatto pagando le somme richieste a “non vergognarsi per aver condiviso immagini intime. Siamo di fronte a criminali organizzati che conoscono le curiosità e le fragilità delle vittime di questo tipo di reato”. Inoltre è preferibile “non cancellare i messaggi scambiati con gli estorsori, non chiudere i profili social su cui si viene contattati, ma conservare gli screen shot delle conversazioni, delle minacce e del profilo dell’estorsore e quindi fare una segnalazione sul portale www.commissariatodips.it per chiedere aiuto”. La Polposta ha squadre competenti e specializzate sia per mettere al riparo la potenziale vittima, sia per sostenere il contatto con l’aggressore e arrivare a identificarlo.
Distinguere i reati
Il reato di “sextortion” spesso viene confuso con il “revenge porn” o con il “sexting”. Il revenge porn, letteralmente “pornovendetta”, è la condivisione pubblica di immagini o video intimi tramite Internet, senza il consenso dei protagonisti degli stessi. Mentre per sex (sesso) ting (texting, testo) si intende l’invio di messaggi, testi, video e/o immagini sessualmente espliciti, principalmente tramite il telefono cellulare o tramite internet. Fenomeni cresciuti durante i loockdown per il contenimento della pandemia e con la diffusione capillare degli smartphone. Reati per i quali non ci sono ancora leggi specifiche, anche perché li distinguono sfumature, seppure importanti. Per il sextortion viene applicato l’articolo 612-ter del Codice Penale, che però è espressamente riferito al revenge porn.
Sextortion = Estorsione
Il maggiore Mariantonia Secconi, Comandante della Sezione Atti Persecutori, spiega che “la parola sextortion si applica quando qualcuno cerca di estorce denaro, favori sessuali, materiale pornografico o altri benefici ai danni di una persona”. Possono esserci situazioni che riguardano l’ambito affettivo: “per esempio una coppia, il rapporto sentimentale finisce e uno dei due non accetta la fine della relazione, e per convincere il partner minaccia di pubblicare o diffonde sul web le immagini intime dell’ex”. Il confine con il “revenge porn” è sottile, ma distinguibile: in un caso il movente è la vendetta, nell’altro l’estorsione. Un’altra categoria del sextortion si ha “quando non esiste alcun legame e l’identità dell’autore può anche essere ignota, per esempio se la vittima è stata contattata sui social da un account con un nome fittizio. Le finalità in questo caso sono prevalentemente quelle di estorcere denaro, altre foto o video con contenuti espliciti o prestazioni sessuali”.