lunedì, 25 Novembre, 2024
Società

IA. Luci, ombre e poche regole

“L’intelligenza artificiale è la morte del cinema d’autore. Il finale di una tua opera non può essere dettato dagli algoritmi, che non hanno cuore ed emozione come gli sceneggiatori. Non è giusto, è una paraculata”. La frase è di Carlo Verdone, che non ha bisogno di presentazioni, e riprende altri e svariati allarmi lanciati in sedi non così “artistiche”, come – su tutti – quello di decine di ricercatori facenti capo al “Center for AI Safety”, un’organizzazione americana di settore.

Secondo questi ultimi, testualmente, “l’IA potrebbe portare all’estinzione dell’umanità” (lo ha affermato anche lo stesso AD della società produttrice di ChatGPT, il più diffuso algoritmo di IA al mondo).

Ancora, uno studio dell’Università di Trento afferma che nei prossimi 15 anni la quota di lavoratori ad alto “rischio di sostituzione” per effetto dell’utilizzo dell’IA sarà vicina al 33% per le professioni cosiddette “automatizzabili”.

Chi scrive è assolutamente di questa opinione, anche se forse, come tutte, va mitigata. Ci sono utilizzi dell’IA a fini “benefici”, come già sta avvenendo nel settore della cybersecurity, per prevenire infiltrazioni in sistemi e processi informatici di trattamento dati, nonché per analizzare dati massivi su reati e indicatori criminali.

Non bisogna dimenticare però che la stessa ChatGPT è stata hackerata il mese scorso: 100.000 accessi rubati, come ha statuito la società di sicurezza informatica Group-IB (la citazione della fonte, ovviamente, non vuole definire la certezza dell’attendibilità, ma è solo per le opportune valutazioni del lettore).  Credenziali poi vendute, con il più classico degli attacchi (malware) e le sue finalità, nel dark web.

E’ la IA “generativa” a preoccupare maggiormente non solo (più modestamente) chi scrive, ma ben più autorevoli commentatori e imprese del settore, al di là di quelle ovviamente (e giustamente, nei limiti della sana concorrenza e connessa trasparenza) interessate alla diffusione di detti congegni.

La AI (o IA, nella nostra lingua) generativa si chiama così perché “genera”, crea contenuti, di qualsiasi tipo (scritti, disegnati, programmati, etc.), apparentemente sotto il controllo di un operatore persona fisica.

Intanto, però, passandomi la banalizzazione, se si utilizza l’aggettivo “artificiale” innanzi ad un sostantivo come “intelligenza”, vuol dire che, quantomeno, la si vuole ben distinguere da quella “umana”, l’unica – ad oggi e con quella animale – reale e riferibile ad esseri viventi. Non esistono computer o device “intelligenti” ex se, perché è l’opera intellettuale dei loro programmatori a conferire una validità al lavoro svolto.

E allora accade, ad esempio, che si diano ai programmi di IA ordini di redazione di articoli (questo che state leggendo, per fortuna, no!) per giornali e riviste, quando non, purtroppo, tesi di laurea o atti con valenza legale e normativa. Si è già verificato che ricorsi giudiziari recassero dati sbagliati, o, peggio, avessero impostazioni uniformi e copiate, ovviamente non valide e replicabili da un caso ad un altro, ancorchè simile.

Alcuni altri sistemi possono gestire apparati (si pensi a un sistema infrastrutturale o di difesa) o industrie: il rischio cyber e sistemico è persino superfluo da citare.

Investimenti stimati in un trilione di dollari per spingere il mercato (fonte: Stability AI), e mi chiedo se ci saranno. La stessa fonte indica l’AI come “la più grande bolla di tutti i tempi”, non ancora pronta per la finanza e il banking. Anche se l’AD della società, in una intervista recente (e non condivisibile secondo il sottoscritto), ha affermato che “chi non userà l’AI in modo appropriato sarà punito dal mercato”.

Beh….usando proprio una immagine tratta dai personaggi cui Verdone ci ha genialmente abituati, l’ingenuità, la scarsa conoscenza, la “genuinità” di certi nostri comportamenti è propria dell’uomo e, per fortuna, nessuna fonte di “vita artificiale” potrà sostituirla.

Andiamo per gradi: per ora mancano norme e regole, tranne – si fa per dire – quelle della finanza speculativa che si sta formando intorno a questo nuovo settore merceologico, perché di questo si tratta.

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