Non solo vino. L’Italia, famosa in tutto il mondo per la sua produzione enologica, sul piano brassicolo non riesce a essere altrettanto competitiva, fatta eccezione per una nicchia, quella della birra artigianale, che negli anni si sta imponendo. Ne è testimonianza la proliferazione di micro birrifici sparsi in tutto il territorio nazionale che sembrerebbe non arrestarsi. Secondo il Registro delle imprese CCIAA, le realtà che producono birra in Italia nel 2022 sono aumentate del 104%, raggiungendo le 1.326 unità, mentre in termini di personale sono aumentate del 22%, occupando 9.612 addetti diretti. “La birra cresce nelle preferenze degli italiani e la birra artigianale lo fa ancora di più – fa sapere Vittorio Ferraris, direttore generale Unionbirrai -. I motivi possono essere diversi e anche un cambio di cultura del bere è tra questi. Ma è importante riconoscere il merito agli operatori del settore per tutto il lavoro che si sta facendo. Sempre maggiore attenzione alle materie prime, innovazione tecnologica, marketing intelligente e capacità di intercettare i gusti dei consumatori sono i principali motivi per cui il comparto della birra artigianale cresce tra le preferenze dei consumatori italiani di birra”.
Aumentano le imprese agricole che coltivano le materie prime e producono birra
L’Italia in questi ultimi anni ha così conquistato il sesto posto a livello europeo (dopo Francia, Regno Unito, Germania, Svizzera e Olanda) per numero di birrifici e il nono per volume di produzione, con 17,6 mln di ettolitri prodotti nel 2021. Il Report 2022 “Birra artigianale, filiera e mercati” di Unionbirrai, l’associazione di categoria dei piccoli birrifici indipendenti, realizzato da OBIArt, il Laboratorio del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali dell’Università degli Studi di Firenze, rivela come in particolare i birrifici agricoli siano di fatto divenuti un’opportunità a partire dal 2010, tanto che fino al 2015 la produzione di birra era presente in circa 80 imprese agricole, mentre nel 2022 la ritroviamo in 290 imprese agricole, che equivalgono al 22% di tutti i birrifici nazionali.
Cresce il numero delle etichette, segno della creatività dei mastri birrai
Nonostante il confronto impari con le grandi multinazionali delle birre industriali, ma anche le difficoltà generate dalla pandemia, dall’aumento dei prezzi delle materie prime e le turbolenze geopolitiche, i piccoli produttori, puntando su creatività e innovazione, sono riusciti a mantenere una presenza forte nei consumi degli italiani e a tornare rapidamente ai risultati prepandemici, grazie soprattutto alla passione e originalità dei mastri birrai. Nel 2022 risultano 1.162 diverse etichette permanentemente inserite in listino e 716 etichette non stabilmente presenti e associate a particolari produzioni stagionali o per altri motivi non continue. Ciò significa che ogni birrificio ha un portfolio con 7-10 linee di prodotto diverse. Sotto il profilo dei consumi il report di Unionbirrai ha rilevato che il 41% di 1.700 intervistati è consumatore abituale di birra, di cui il 12% della sola birra industriale e il 29% di birra industriale e artigianale, dimostrando come quest’ultima sia trainante.
“C’è ancora molto lavoro da fare per migliorare il settore e per diffondere il consumo della birra artigianale – conclude Ferraris -. Dobbiamo e possiamo sicuramente fare di meglio nello specifico del comparto GDO, dove il nostro genere di prodotto fa più fatica ad essere gestito con le dovute attenzioni alla qualità e alla durabilità. Ma abbiamo scoperto come, all’interno di un maggior interesse verso le bevande alcoliche da parte degli italiani, la birra stia crescendo molto di più del vino, con abitudini di consumo che diventano meno tradizionali e più variegate assomigliando sempre più al modello nordeuropeo che a quello mediterraneo più legato al vino e al consumo durante i pasti”.