sabato, 5 Ottobre, 2024
Esteri

Prigozhin stoppa l’avanzata verso Mosca: “No a un bagno di sangue”. Il Cremlino: “Andrà in Bielorussia e non sarà processato”

Giornata ‘movimentata’ in Russia tra la ribellione del gruppo Wagner e il successivo passo indietro

Mosca, trema. Stiamo arrivando. Anzi, no. Torniamo in Ucraina. Abbiamo scherzato… Una giornata incredibile quella vissuta ieri dalla Russia a un passo dalla guerra civile “promessa” in mattinata dal gruppo Wagner che si era ribellato al Cremlino (reo di mentire sull’andamento dell’offensiva ai danni di Kiev) e contrario alla decisione di trasferire l’intero comando della forza paramilitare (da parte del governo moscovita) sotto il controllo dell’esercito guidato dal Ministro della Difesa Sergei Shoigu. Dopo aver scatenato il caos nel corso dell’alba andando alla conquista di tutti i siti strategici della città di Rostov e cominciata la marcia verso la capitale russa, il capo dei combattenti mercenari Evgeny Prigozhin nel tardo pomeriggio ha cambiato idea: “Ci fermiamo e torniamo nelle nostre basi in Ucraina per evitare un bagno di sangue”. A mediare tra lo stesso Prigozhin e Vladimir Putin c’avrebbe pensato il Presidente della Bielorussia Aleksandr Lukashenko per un’intesa per una de-escalation della crisi. “Al momento è sul tavolo un’opzione assolutamente vantaggiosa e accettabile per risolvere la situazione, con garanzie di sicurezza per i combattenti di Wagner”, spiega una nota diffusa dall’ufficio presidenziale bielorusso. In pratica, il futuro di Prigozhin sarà in esilio proprio in Bielorussia: l’accusa nei suoi confronti di incitamento all’insurrezione armata contro di lui verrà fatta cadere. Insomma, non sarà processato. Non saranno puniti penalmente neanche i mercenari che hanno fatto parte dell’insurrezione.

Rapporti deteriorati

Dunque, tanto rumore per nulla? Parrebbe di sì, anche se di certo i rapporti tra Prigozhin e Putin sono oramai azzerati. Lo stesso Presidente russo ieri si era rivolto alla nazione tramite un video-messaggio, parlando di “pugnalata alle spalle” e definendo l’ammutinamento armato come “un tradimento al Paese”. E dunque “tutti quelli che hanno optato per questo voltafaccia saranno puniti”. Anche se in serata il Cremlino aveva offerto l’amnistia in caso di deposizione immediata delle armi, dando in pratica la colpa della rivolta ai capi della Compagnia militare privata: “Soldati e mercenari – ha detto Putin – sono stati spinti alla ribellione con inganno da chi ha ambizioni esorbitanti e interessi personali”, riferendosi ovviamente a Prigozhin, senza però mai citarlo. Nel pomeriggio era anche circolata la voce che voleva lo stesso Putin in fuga, notizia smentita dal suo portavoce Dmitry Peskov: “Lavora al Cremlino”.

La speranza di Kiev

Chiaro è che quanto accaduto ieri non poteva che giovare all’Ucraina, visto che la Russia avrebbe dovuto guardarsi le spalle all’interno delle mura amiche mentre Kiev poteva trovare nuovo slancio per liberare i territori occupati: “Per tanto tempo Putin ha usato la propaganda per mascherare la sua debolezza e la stupidità del suo governo. Adesso c’è talmente tanto caos che nessuna bugia può nasconderlo”, è stato il commento di Volodymyr Zelensky. Sul tema del conflitto in atto è intervenuto Peskov, il quale ha spiegato che il (fallito) tentativo di insurrezione “in nessun caso avrà un impatto sul corso dell’operazione militare speciale in Ucraina, la quale continua”.

Apprensione a Mosca

Ma la città di Mosca come ha vissuto la minaccia della Wagner? Con grande apprensione, blindatissima con posti di blocco in quasi ogni incrocio: sospeso il traffico fluviale sul fiume Moscova mentre in giro si sono visti già dalla mattinata poliziotti con giubbotti antiproiettile e mitragliatrici girare nei pressi dell’autostrada che collega la capitale a Rostov. Evacuati inoltre numerosi edifici pubblici, musei e centri commerciali, per paura di attentati. Sergej Sobyanin, sindaco di Mosca, aveva chiesto ai cittadini di non compiere spostamenti all’interno della città “al fine di ridurre al minimo i rischi”.

A 24 ore dal tentativo del golpe, si scopre che lo spionaggio degli Usa era a conoscenza del piano del gruppo Wagner, al lavoro già da una decina di giorni per raggiungere l’obiettivo.

Le parole di Tajani

Ieri il governo italiano, prima della mediazione di Lukashenko, aveva fatto il punto della situazione anche con i nostri servizi segreti. Dopo la notizia della ritirata del gruppo Wagner, il Ministro degli Esteri e Vicepremier Antonio Tajani ha spiegato che il BelPaese non vuole interferire sulle vicende politiche interne della Russia: “Noi – ha detto – non siamo in guerra con la Russia né con i russi, siamo solo impegnati insieme a difendere l’Ucraina, che mi auguro possa essere in futuro parte dell’Ue e che possa essere liberata dalla presenza dei soldati russi”.

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