mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Esteri

L’ascesa di Prigozhin e la “donbasizzazione” della Russia

Escalation del conflitto

Il 5 maggio, Prigozhin ha pubblicato un video in cui chiedeva al Ministero della Difesa di fornirgli munizioni per continuare a combattere a Bakhmut, minacciando altrimenti di ritirare i mercenari della Wagner dalle loro posizioni entro una settimana. Il giorno dopo, ha detto che il Ministero della Difesa gli aveva promesso munizioni e Wagner sarebbe rimasto a Bakhmut. L’apice della vicenda è stato toccato il 9 maggio, quando Prigozhin, subito dopo la parata militare sulla Piazza Rossa, ha pubblicato un video di mezz’ora in cui diceva di essere stato ingannato e, contrariamente agli ordini del comandante in capo supremo, le sue unità avevano ricevuto solo il 10% dei proiettili richiesti. Ancora una volta, ha inveito contro la dirigenza del Ministero della Difesa.

Proprio mentre l’aspro confronto tra Prigozhin, Gerasimov e Shoigu era in atto, si è appreso che il Colonnello Generale Mikhail Mizintsev, che era stato licenziato il 27 aprile come viceministro della difesa per la logistica, è stato nominato vicecomandante della Wagner.

Il 10 maggio, l’addetto stampa di Putin, Dmitry Peskov, ha inaspettatamente rilasciato una lunga intervista al poco conosciuto canale televisivo ATV (della Republika Srpska in Bosnia-Erzegovina), in cui – rispondendo a una domanda sulla situazione a Bakhmut e sulle dichiarazioni di Wagner – ha cercato di silenziare le polemiche.

La logica degli eventi

Ci sono molte stranezze in tutta questa serie di eventi. Iniziamo con i tre elementi principali. Perché il conflitto di Prigozhin con la leadership del Ministero della Difesa ha raggiunto il suo apice pubblico proprio il 9 maggio? Perché Putin, in qualità di comandante in capo supremo – avendo appianato i conflitti tra persone importanti durante tutti gli anni del suo governo – non ha fermato la resa dei conti pubblica tra il proprietario di una compagnia militare privata, e l’alto comando? Perché il suo addetto stampa Peskov si è speso in un’intervista per cercare di appianare le cose? Non c’è alcun dubbio che Peskov abbia rilasciato un’intervista ad ATV non di sua iniziativa, ma su ordine di Putin.

Una possibile spiegazione potrebbe essere che Putin avesse bisogno di una vittoria simbolica per il Giorno della Vittoria e, Prigozhin gli aveva fatto la “promessa personale” che avrebbe preso Bakhmut. Forse ciò sarebbe potuto accadere se il comando ucraino avesse sottovalutato il significato simbolico di Bakhmut (in termini strategico-militari, la sua presa da parte russa non avrebbe raggiunto obiettivi importanti). In un’intervista con l’Associated Press il 29 marzo, il presidente Zelensky aveva affermato che se Bakhmut fosse caduta, Putin avrebbe ostentato questa vittoria con l’Occidente, con la Cina, con l’Iran e con l’opinione pubblica russa.

Quando, con l’avvicinarsi del 9 maggio, è diventato chiaro che non sarebbe stato possibile annunciare la cattura finale di Bakhmut, la sceneggiatura del Giorno della Vittoria è stata urgentemente riscritta.

Inoltre, Prigozhin ha dovuto giustificare sé stesso con Putin, di cui aveva deluso le aspettative. Il comportamento di Putin in questa situazione ricorda gli eventi della primavera 2015 quando, dopo l’assassinio del politico dell’opposizione Boris Nemtsov, il capo dell’FSB Alexander Bortnikov e il capo della Cecenia, Ramzan Kadyrov, si scontrarono pubblicamente. C’erano seri sospetti che fossero coinvolte persone della cerchia ristretta di Kadyrov nell’uccisione di Nemtsov. Analisti politici si aspettavano che Putin avrebbe dovuto scegliere l’uno o l’altro, ma li mantenne entrambi spingendoli ai rispettivi angoli. Allo stesso modo, ora Prigozhin si è tirato fuori dai guai pur non avendo mantenuto la promessa fatta al presidente.

La “donbasizzazione” della Russia

Mentre l’Occidente tende a demonizzare e sopravvalutare Prigozhin, gli osservatori russi tendono a sottovalutarlo. L’uomo che maledice pubblicamente alcune persone molto vicine a Putin e frequenta sia Peskov sia il leader del partito Sergei Mironov, che fa parte dei più alti circoli d’élite, nonché diversi generali di alto rango, non sembra affatto un presuntuoso lupo solitario.

Prigozhin, a volte definito un pagliaccio malvagio, è un abile populista con un’infrastruttura comunicativa potente e diversificata, inclusi molti canali Telegram, una “fabbrica di troll” e la cosiddetta Federal News Agency (FAN).

Secondo il direttore del Levada Center Denis Volkov, “alla fine dello scorso anno e all’inizio di quest’anno, Prigozhin ha iniziato a comparire in sondaggi aperti su politici. Da qualche parte in fondo, finora non tra i primi 10 o addirittura 20, ma ha iniziato a farsi notare”.

Un’ultima riflessione: quando si analizzano le “piazzate” di Prigozhin, che pubblicamente e usando un linguaggio osceno indica Gerasimov e Shoigu come responsabili delle sconfitte al fronte, l’enfasi è solitamente posta sulle ragioni dell’audacia di Prigozhin, mentre ci si focalizza meno sulle conseguenze di queste invettive, sebbene le stesse abbiano un peso importante. L’ascesa di Prigozhin, insieme alla sua visibilità sui media, testimonia la “donbasizzazione” della Russia – dove le “regole” e le pratiche dei gangster si sono sviluppate nel Donbas orientale, strappato all’Ucraina nel 2014.

Il gruppo Wagner di Prigozhin è il simbolo di come lo Stato abbia perso il monopolio della violenza legittima, tracciando una strada che porta dritta verso la guerra civile.

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