Si addensano le nubi sulle sorti del Governo, dopo le dimissioni di Di Maio da capo politico del Movimento cinque stelle a pochi giorni da un altro passaggio delicato: quelle delle elezioni regionali in Emilia Romagna e in Calabria, previste per domenica prossima.
Conte ostenta sicurezza ma, stando ai fatti, il futuro del suo governo è più precario di quanto già fosse e l’unica scommessa da fare è quella che la maggioranza, a prescindere da quello che accadrà nelle regioni ove si vota, serri i ranghi nel tentativo di sopravvivere agli scossoni e di consolidare gli equilibri interni.
Ipotesi, questa, possibile ma difficile soprattutto per il continuo sfarinamento dei gruppi parlamentari pentastellati, i fenomeni tellurici nella struttura del movimento e un declino del consenso sempre più accentuato: dati, questi, che sono probabilmente all’origine del gesto di Di Maio.
Cosa accadrà adesso in un movimento che sembra aver esaurito la sua spinta iniziale e la sua stessa ragione di essere lo si saprà nei prossimi giorni, anche se è da supporre che la sua area di sinistra colga la fase che si è aperta per rafforzare il rapporto con il Partito democratico.
Un rapporto che è certamente messo alla prova su scelte importanti, come la prescrizione nei processi che registra la permanente contrarietà del Partito di Renzi e perplessità dei gruppi dello stesso Pd, la prospettiva della revoca delle concessioni autostradali, sulla quali rimangono forti riserve, la sopravvivenza di fallimentari scelte del primo governo Conte, come il reddito di cittadinanza e quota 100.
Ci sono poi i malumori di forze sociali importanti che formulano riserve su una politica economica che appare insufficiente sul piano della crescita delle imprese e della necessità di misure straordinarie per mettere in campo risorse ferme da anni, con particolare rifermento alle infrastrutture e alla ricostruzione che ancora manca nelle aree segnate dal terremoto di tre anni fa.