Il tema fisco con le ipotesi di riforma tornano a dominare l’agenda di Governo. Lo hanno annunciato con alcune indicazioni di merito il premier Giorgia Meloni e il direttore delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, in interviste e dichiarazioni apparse nelle ultime ore. Tra gli obiettivi rimane la lotta all’evasione fiscale, il ridurre una burocrazia inutile e che allontana il contribuente, il favorire se non una corsa a pagare le tasse, almeno una normale propensione del cittadino a versare quanto dovuto. Vedremo in avanti le intenzioni del premier e del numero uno dell’Agenzia.
Va però sottolineato che una parte notevole di cittadini , in particolare piccole imprese commerciali, artigianali, turistiche, di servizi non ha risorse sufficienti per stare al passo con le richieste della Riscossione. Si tratta di una fascia in difficoltà che cresce di anno in anno che entra, suo malgrado, in quel tunnel che gli esperti indicano come “evasione da sopravvivenza”, o pago le tasse o mando avanti l’impresa. Certo le zone d’ombra e le illegalità vanno rimosse e combattute ma dobbiamo pur pensare ad una fiscalità equa e rispettosa delle reali condizioni delle persone.
Il premier e le riforme coraggiose
Il presidente del Consiglio spiega al Sole24ore, che occorre rivoluzionare il rapporto tra fisco e contribuente e fare in modo che “l’evasione si combatta prima ancora che si realizzi”. Così come “metterà al centro anche i dipendenti e i pensionati, con misure ad hoc”. Il Governo intende proseguire nella direzione di “tagli consistenti al cuneo fiscale”, di sostituire il Reddito di cittadinanza “che ha fallito tutti gli obiettivi per i quali era nato”, con misure concrete di contrasto alla povertà. Il premier puntualizza che metterà in campo che “nessuno ha avuto il coraggio di fare”. Da sponda alle proposte del premier c’è il direttore delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini che con entusiasmo spiega che anche sotto il profilo della burocrazia pagare le tasse sarà più semplice. L’Agenzia metterà a disposizione dei contribuenti nuovi servizi telematici, nuove cartelle pre compilate, dichiarazione Iva già predisposte per 2,4 milioni di imprese e contribuenti. E dal prossimo mercoledì 15 febbraio sarà possibile modificare, integrare e inviare il modello. Il direttore Ruffini spiega che tutto è fatto: “in un’ottica di trasparenza e collaborazione. Un sistema fiscale più semplice e che funziona meglio è un investimento non solo per il sistema-Paese ma anche per le prossime generazioni”. Visto così tutto appare per il meglio e ci auguriamo anche noi che lo sarà. Nell’Italia che tuttavia tocchiamo con mano nella vita reale non è tutto così pacifico e semplice. Anzi le cose procedono decisamente male.
Saracinesche giù bonus sù
Piccoli commercianti, artigiani, imprese dei servizi e molto altro ancora, in un Paese che proprio del “piccolo e bello” aveva fatto un vessillo di modernità, di occupazione e sviluppo, ora vede che le saracinesche vengono abbassate. Che gli affitti costano, che il personale ha una spesa previdenziale elevata, che gli stessi lavoratori hanno salari troppo bassi. Ecco che allora meglio rifugiarsi nella ampia e variegata gamma dei bonus. Sono milioni ormai le persone assistite e che pretendono di esserlo a vita, in modo che ci si libera di tutto il castello di richieste in primo luogo di Inps e Agenzia delle entrate. È quello che ə accaduto in questi anni. Si è stretta sempre più la cinghia su chi produce e si è stati generosi con chi non crede nemmeno nel futuro e nello sforzo del Paese.
Fisco e ceto medio impoverito
Prendiamo ad esempio il cuneo fiscale e contributivo nel settore privato che è salito di fatto al 60%, – molto di più del dato Ocse che si attesta nel 2021 al 46,5% -, facendo un po’ di calcoli, a fronte di 300 miliardi di salari lordi corrisposti in media ogni anno nel settore privato, lo Stato incassa circa 100 miliardi di contributi previdenziali e 80 miliardi di Irpef per un totale di 180 miliardi di euro a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori. Siamo come detto al 60%. In questo scenario già difficile per una impresa bisogna aggiungere che la metà degli italiani non dichiara alcun reddito e chi versa, il 12,99% dei contribuenti (con redditi dai 35mila euro in su) paga il 59,95% delle imposte sui redditi delle persone fisiche. Su questi dati la puntuale elaborazione fatta da “Itinerari Previdenziali”, arriva ad una conclusione: “Se questo quadro rispecchiasse la realtà vera del Paese, saremmo al cospetto di un’Italia alla fame”. Infatti il problema è proprio questo si è impoverito sempre più il ceto medio che poi è quello che oggi versa il 60% delle imposte. Nel contempo diminuiscono anche i dichiaranti che sono: 41.180.529 su 59.641.488 cittadini residenti. Su 41 milioni di italiani che hanno a che fare con il fisco sono oltre 30 milioni quelli che versano solo 1 euro per l’Imposta sul reddito delle persone fisiche.
La crescita salverà il Paese
Come abbiamo detto in più occasioni è giusto e sacrosanto aiutare chi ha bisogno ma non è possibile mettere nel mirino le imprese, i lavoratori dipendenti o autonomi che siano. Vanno fatte delle scelte. Il premier Giorgia Meloni ha ribadito anche in occasione del recente Consiglio europeo straordinario che invece degli Aiuti di Stato servono risorse per la crescita. Che l’Italia non ha la “capienza fiscale” della Germania che può permettersi aiuti a pioggia per 200 miliardi in favore di imprese e famiglie. Allora all’Italia ben venga la semplificazione con il fisco amico, che si intensifichi la lotta all’evasione, ma sappiamo tutti che il punto debole rimane la crescita che non si fa con le tasse. Servono riforme capaci di sostenere lo sviluppo, servono sostegni alle imprese, e ridurre il fisco a chi produce e lavora. La svolta arriverà solo se i cittadini avranno più soldi in tasca quelli che arrivano dalla crescita economica e non dai sussidi.