Il 26 dicembre si è saputo che Pavel Antov, uno dei più ricchi deputati regionali russi, che rappresentava Russia Unita, è morto misteriosamente in India dove si era recato per festeggiare il suo sessantacinquesimo compleanno.
Questo caso è solo l’ultimo episodio di una serie di morti misteriose e suicidi che hanno visto coinvolti esponenti dell’élite economica russa, funzionari ed esponenti della sicurezza di Mosca.
Secondo la versione ufficiale, il deputato è caduto dal terzo piano dell’hotel, mentre Vladimir Budanov – suo amico e compagno di viaggio – era stato ritrovato solo due giorni prima privo di sensi nella sua stanza al primo piano dell’hotel con alcune bottiglie di vino vuote intorno a lui. All’ospedale ne era stato constatato il decesso. Ha destato un certo stupore apprendere che il corpo di Budanov sia stato cremato prima che ulteriori e più approfonditi accertamenti sulle cause del decesso potessero essere svolti, ma per il Console generale russo a Calcutta, Alexei Idamkin, non c’è “nulla di sospetto nella morte dei due russi”.
Difficile non ipotizzare un collegamento con quanto era accaduto verso la fine di giugno, quando proprio il deputato Antov, dopo che un attacco missilistico russo aveva colpito un blocco residenziale nel distretto Shevchenkivskyi di Kiev, aveva commentato sul suo “stato” WhatsApp: “È estremamente difficile chiamare tutto questo altro che terrore”. In seguito, aveva parlato di uno “sfortunato malinteso” e di “un errore tecnico”. Aveva “chiesto sinceramente scusa” e ribadito di avere sempre sostenuto l’operazione militare di Putin.
Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa LaPresse, anche Vladimir Budanov, che ricopriva fino alla sua prematura scomparsa un ruolo di primo piano in Russia, aveva espresso posizioni critiche verso Putin. Dall’agosto 2011 era amministratore delegato di JSC Admiralty Shipyards, presso i cui cantieri navali, secondo quanto riferito dal governatore di San Pietroburgo Alexander Beglov, sono stati realizzati “i più importanti ordini del ministero della difesa russo”.
Impossibile non accostare, quindi, le due morti ad altri casi di cittadini russi più o meno influenti deceduti in circostanze misteriose o quantomeno controverse negli ultimi mesi, soprattutto dopo l’inizio dell’invasione in Ucraina partita lo scorso febbraio. La lista delle morti sospette di manager e oligarchi legati al Cremlino è davvero lunga.
Il 9 dicembre, era morto misteriosamente Dmitry Zelenov, oligarca russo di 50 anni e cofondatore del gruppo immobiliare Don-Stroy.
Cadendo accidentalmente dalle scale, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti francesi, Zelenov aveva sbattuto la testa contro una ringhiera, dopo una cena con alcuni amici ad Antibes, in Francia.
Ricoverato in terapia intensiva, la mattina del 10 dicembre era deceduto senza mai riprendere conoscenza.
Il 21 novembre, Vyacheslav Taran, magnate russo delle criptovalute, è morto in un incidente in elicottero vicino a Nizza. Secondo i resoconti dei media, Taran era in compagnia di un pilota esperto a bordo dell’elicottero diretto da Losanna (Svizzera) a Monaco.
Il 29 settembre, Pavel Pchelnikov, top manager di una delle filiali delle ferrovie russe era stato ritrovato privo di vita nel suo appartamento di Mosca. Secondo i media russi, Pchelnikov si sarebbe suicidato il giorno prima sparandosi sul balcone. Il motivo del presunto suicidio rimane tutt’ora sconosciuto.
Un’altra morte sospetta in Russia è senza dubbio quella di Anatoly Gerashchenko, ex rettore del Moscow Aviation Institute (MAI), morto il 20 settembre dopo una misteriosa caduta dalle scale all’interno della sede dell’istituto. In un comunicato stampa rilasciato dall’organizzazione, la morte del settantatreenne viene descritta come “il risultato di un incidente”.
A metà settembre è morto, a soli 39 anni, Ivan Pechorin. Era a capo della Far East and Arctic Development Corporation, agenzia pubblico-privata per lo sviluppo dell’Artico russo orientale. Pechorin, che di recente aveva partecipato al Forum economico di Vladivostok, sarebbe morto cadendo da una barca da diporto mentre viaggiava ad alta velocità nel Mar del Giappone.
Il 1° settembre il Presidente del Consiglio di Amministrazione di Lukoil, Ravil Maganov, era caduto da una finestra dell’ospedale di Mosca dove era ricoverato per una malattia cardiaca. Suicidio apparentemente legato alla gravità delle sue condizioni diranno gli inquirenti russi. Ma, guarda caso, Lukoil, la più grande società petrolifera privata russa della quale era ai vertici, aveva criticato l’Operazione militare speciale in Ucraina.
Il 14 agosto, Dan Rapoport, finanziere e broker di origine lettone di 52 anni, che dopo aver fatto fortuna in Russia se ne era andato ed era diventato un vivace critico del governo di Putin, precipita nella notte da un palazzo di Washington.
Lo scorso 4 luglio, l’amministratore delegato e fondatore di Astra-Shipping, una società che lavorava su contratti artici per Gazprom, Yuri Voronov, 61 anni, è stato trovato morto nella piscina della sua villa di San Pietroburgo. Aveva una ferita da arma da fuoco alla testa.
Il 19 aprile a occupare le prime pagine dei media spagnoli e mondiali era stato l’oligarca russo Sergey Protosenya, trovato morto assieme alla moglie Natalya, 53 anni, e alla figlia Maria di 18 anni, nella villa di Lloret de Mar, vicino a Barcellona, dove stavano trascorrendo la Settimana Santa. L’uomo era stato trovato impiccato, mentre la moglie e la figlia recavano sul corpo segni di accoltellamento. Protosenya era l’ex vicepresidente di Novatek, azienda produttrice di gas naturale liquefatto, al settimo posto nella classifica mondiale per volumi di produzione. Il patrimonio dell’oligarca ammontava a circa 440 milioni di euro, secondo le ultime stime disponibili.
Solo un giorno prima, il 18 aprile, è stato trovato morto l’ex vicepresidente di Gazprombank Vladislav Avayev. Con lui uccise la moglie e la figlia. Sulla scena del crimine un lago di sangue e una pistola in mano al manager. L’apparenza era quella di un omicidio-suicidio, ma non tutto torna. Alcune persone avevano parlato con l’ex dirigente poco prima della sua morte, riferendo che era di buon umore e sembrava assolutamente sereno. Nelle parole di una vicina di casa del manager emergono dubbi su un possibile omicidio: “Non è possibile che un uomo del genere possa aver ucciso. Forse Avayev e la sua famiglia sono stati uccisi”, ha detto la donna ipotizzando un omicidio mirato dell’uomo che forse sapeva troppo in una Russia dove, spesso, chi non deve parlare viene messo a tacere.
Il 25 febbraio, il sessantunenne Alexander Tyulyakov, vice direttore generale del Centro per la sicurezza aziendale di Gazprom, è stato trovato impiccato nel suo cottage nel distretto di Leninsky a Mosca. Secondo Novaya Gazeta avrebbe lasciato un biglietto d’addio, ma stranamente l’unità di sicurezza di Gazprom sarebbe arrivata sulla scena del “suicidio” contemporaneamente alla polizia.
Quindi Pavel Antov è solo l’ultimo nome sulla strana lista di morti sospette tra l’élite economica russa. A quanto pare chi critica il Cremlino prima o poi muore, anche se pensa di aver tagliato i ponti con la grande madre Russia.