domenica, 22 Dicembre, 2024
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Ritiro da Kherson, scelta obbligata?

Dubbi sulla mossa di Putin

Il ritiro delle forze russe da Kherson ha un alto valore simbolico. Del resto la posizione di Mosca era diventata troppo pericolosa. L’ordine di ritiro è arrivato dal ministro della Difesa russo Shoigu, in un incontro con i vertici militari trasmesso dalla televisione di stato, dopo che il generale Sergei V. Surovikin, Comandante militare in Ucraina, ha spiegato che i pesanti bombardamenti avevano reso insostenibile la posizione russa a ovest del fiume Dnipro, dove si trova Kherson.

Come in una rappresentazione teatrale, la risposta di Shoigu è stata: “Vai avanti con il ritiro delle truppe e prendi tutte le misure per garantire il trasferimento sicuro di truppe, armi e attrezzature sull’altra sponda del fiume Dnipro”. Putin era il grande assente, nella vana speranza di non associarlo alla imbarazzante sconfitta ed alla decisione di ritirarsi. Come però fanno osservare gli analisti che ben conoscono le dinamiche russe, una simile decisione non può essere stata presa senza la sua approvazione.

L’incontro in cui sia Shoigu che il generale Surovikin hanno affermato di essere motivati dalla preoccupazione per l’incolumità delle truppe, sembrava avere piuttosto lo scopo di attenuare l’impatto della notizia del ritiro sull’opinione pubblica russa.

Nel corso di questi mesi, i russi hanno potuto cogliere numerosi segnali di una guerra mal gestita, dalla conduzione caotica delle operazioni alle pesanti perdite registrate da parte di un esercito privo di addestramento e mal equipaggiato che è stato mandato al fronte come carne da cannone. Allo stesso tempo, i commentatori russi favorevoli alla guerra hanno criticato il Cremlino per non aver condotto la battaglia in modo più aggressivo e brutale. Come se ciò fosse realmente possibile.

Ecco perché la notizia del ritiro ha suscitato risposte angosciate e arrabbiate da parte di alcuni importanti falchi russi. I proprietari delle grandi imprese russe ed i funzionari del governo hanno iniziato a temere per la propria sicurezza e quella delle proprie famiglie, dopo che Yevgeny Prigozhin aveva chiesto al presidente Vladimir Putin una urgente “repressione stalinista” contro i ricchi russi che “ignorano la situazione militare”.

I rappresentanti dell’élite russa al potere ed i magnati degli affari nutrono il timore che il Paese potrebbe vivere una stagione di epurazioni e un’ondata di arresti, come accadde durante il governo di Stalin.

Di contro, alcuni analisti sostengono che Putin non abbia altra scelta rispetto a quella di affidarsi agli attori più aggressivi: Prigozhin e Kadyrov, che in più occasioni – presumibilmente con l’approvazione del Cremlino – hanno aspramente criticato il Ministero della Difesa.

Sul versante opposto, i funzionari ucraini temono si possa trattare di un possibile stratagemma inteso ad attirare le truppe ucraine in una trappola.

La decisione di Mosca di ritirarsi è probabilmente finalizzata a consentire un ritiro ordinato piuttosto che un improvviso collasso e una conseguente ritirata in preda al panico, come è già accaduto nella regione nord-orientale di Kharkiv a settembre.

Ma le persone che conoscono Putin dicono che sia ancora convinto di poter vincere questa guerra che ha definito un conflitto con gli Stati Uniti ed i loro alleati, ritenendo che l’Occidente e l’Ucraina non saranno disposti a pagarne il prezzo.

Non resta che sperare che, al contrario, quello di Kherson sia solo un ulteriore passo verso la liberazione dell’Ucraina dalle forze di occupazione russe.

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Redazione

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