Non sappiamo neppure se valga la pena di ragionare su un’idea di riforma fiscale che Salvini sta proponendo.
La flat tax è inserita nella proposta, insieme alla pace fiscale, alla riduzione dell’IMU, al non aumento dell’IVA, all’esclusione della patrimoniale, alla progressività delle deduzioni forfettarie che dovrebbero garantire la progressività costituzionale, alla facoltà prevista per le famiglie di scegliere opzionalmente se tassare il reddito applicando la flat tax famiglie ovvero seguitare con gli scaglioni IRPEF (e le conseguenze sul bonus Renzi) ed infine flat tax 2020 partite IVA al 20% per ricavi da 65 mila a 100.000,00 euro.
Quello che possiamo dire è che una riforma fiscale, in questo momento di particolare contingenza, ammesso che vada in porto, non può prescindere dall’indicare dettagliatamente la destinazione dei “risparmi fiscali”; infatti ci aspetteremmo che fosse specificato che le minor tasse pagate, per le imprese, fossero obbligatoriamente destinate a nuovi investimenti o assunzioni e non a distribuzione di maggiori dividendi, ovvero, ci aspetteremmo che, data la creatività economica con la quale il governo sta affrontando i problemi, e non lo diciamo in senso ironico, fatti i dovuti calcoli, fosse istituito un Fondo di Rotazione Imposte, dove confluissero comunque tutti i “risparmi calcolati” ma versati dai contribuenti ad incremento del FRI e che Stato, Regioni ed Enti Locali provvedessero alla loro equa ri-distribuzione a imprese e famiglie per nuove assunzioni o investimenti familiari per prima abitazione.
Insomma le tasse le possiamo e certamente le dobbiamo abbassare, ma se devono servire per far crescere il Paese, almeno per un triennio i risparmi fiscali dovrebbero essere destinati/gestiti dallo Stato.
E questo potrebbe essere utile anche per implementare la relazione sulla criticità dell’infrazione posta dall’UE.