sabato, 23 Novembre, 2024
Attualità

Le sanzioni strumento indispensabile per fermare il Cremlino

È da tempo che il regime al potere in Russia viene definito da alcuni esperti una «cleptocrazia». Ma fino ad oggi questa definizione era, in linea di massima, da collegarsi al fatto che un gruppo di membri della “nomenklatura” di epoca sovietica si era impadronito delle risorse del Paese dopo la “caduta” del muro di Berlino.

Con l’inizio dell’invasione russa in Ucraina, ecco che questa definizione ha perso la sua valenza originaria, assumendo sempre più una nuova accezione. Dapprima, hanno fatto notizia le attività di saccheggio messe in atto sistematicamente da parte dei soldati russi, che inviavano a casa – attraverso centri di spedizione bielorussi – tutto ciò che razziavano nei territori occupati: elettrodomestici, gioielli, telefoni cellulari e molto altro. Ci si è però presto resi conto che questa era solo la punta di un iceberg, in quanto paradossalmente i furti più gravi dovevano ancora essere svelati.

Negli ultimi mesi, sono state messe in atto politiche criminali ben più rilevanti da parte del Cremlino. È oramai evidente che, parallelamente alla guerra combattuta sul campo di battaglia, Mosca stia mettendo in atto altre forme di conflittualità non convenzionale.

L’attuale dottrina russa attinge a tattiche sovietiche sulla guerra totale per giungere ad una teoria della guerra moderna che mira allo smantellamento della società del nemico prima di attaccarlo frontalmente. Mosca vorrebbe sfruttare gli anelli deboli del processo decisionale delle nostre democrazie, basate come sono su un sistema di pesi e contrappesi tra una molteplicità di attori politici, il peso dell’opinione pubblica e dei media.

A questo proposito, Larry Diamond, professore alla Stanford University, inizia il capitolo “L’assalto globale della Russia” di un suo libro sull’argomento ricordando il famoso “Long Telegram” scritto nel 1946 da George F. Kennan. I leader dell’Unione Sovietica sapevano che il loro regime “fragile e artificiale” era “incapace di sopportare il confronto o il contatto con i sistemi politici dei paesi occidentali”. Kennan predisse un’implacabile campagna sovietica per “interrompere la fiducia in se stessi” tanto negli Stati Uniti quanto in Europa e “per stimolare tutte le forme di disunione” all’interno delle democrazie occidentali.

Secondo Diamond la visione di Putin della Russia e del mondo è sorprendentemente simile a quella dei leader sovietici descritti da Kennan nel Long Telegram. Putin crede che l’Occidente stia cercando di accerchiare la Russia e mantenerla debole. Egli è profondamente insicuro ed accusa gli occidentali di promuovere complotti per spodestarlo. Ecco perché ha promosso attacchi cyber ed altre operazioni di interferenza e influenza contro l’Occidente e i suoi interessi. È ovvio che, come afferma Diamond, la democrazia preoccupi Putin, in quanto “Nessun paese ha assistito al matrimonio tra autocrazia e cleptocrazia su scala più sconcertante della Russia, dove un sovrano sempre più timoroso e dispotico, ora al potere da più di due decenni, ha accumulato una delle più grandi fortune personali del mondo”.

In risposta alla guerra di aggressione avviata dal Cremlino, gli Stati Uniti e l’Europa hanno dispiegato strumenti di guerra economica con l’obiettivo esplicito di paralizzare l’economia russa e rendere il Cremlino incapace di condurre la propria guerra di aggressione. La portata della risposta occidentale, che ha incluso il congelamento delle riserve di valuta estera della Russia, l’esclusione di molte banche russe dal sistema di pagamento SWIFT e il coordinamento dei controlli sulle esportazioni, ha scosso le fondamenta dell’economia russa.

Guardando al futuro, non c’è via d’uscita dall’oblio economico per la Russia a condizione che i Paesi alleati rimangano uniti nel mantenere e semmai aumentare la pressione delle sanzioni contro la Russia.

Tenuto conto della devastazione economica e della tragedia umana che si stanno consumando sul terreno in Ucraina, l’allentamento delle sanzioni dovrà avvenire solo nell’ambito di una soluzione politica più ampia per porre fine al conflitto.

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