venerdì, 15 Novembre, 2024
Società

Criptovalute e bambini? Meglio un salvadanaio

L'ultima trovata americana del Crypto Kids Camp di Los Angeles

“Nessuno ci ha mai insegnato come funziona il denaro” dicono i promotori, che tra le altre cose hanno affermato che si ridurrebbe il divario tra “bambini privilegiati e svantaggiati”, facendo loro corsi sulla materia “per imparare a fare soldi con le nuove tecnologie”.

Premesso che – come ho più volte scritto anche dalle colonne di questo giornale  – le criptovalute non sono per forza malevole, e che sull’innovazione finanziaria il nostro Paese è indietro, mi sia consentito con l’occasione di formulare qualche considerazione squisitamente tecnica sul tema.

Siamo certi, ad oggi, di poche cose in argomento di finanza. Una di queste è che le criptovalute non sono monete e che non hanno salvadanai per bambini.

È vero che i piccoli e gli adolescenti sono i cittadini del pianeta più avanti nella comprensione e gestione di internet, se non altro attraverso i videogiochi e i social, ma è altrettanto vero e conclamato che sono i più fragili e i più a rischio del mondo virtuale.

Se si pensa poi all’educazione finanziaria, insegnare loro che con un click si muovono ricchezze da una parte all’altra del mondo, senza usare la moneta fisica, non può che essere un passaggio subordinato alla creazione di dimestichezza con ciò che ha consistenza. È scientificamente provato infatti che ciascuno di noi incrementa la propria propensione al consumo e al risparmio se ha fisicamente e materialmente davanti un salvadanaio o un conto che riesce a comprendere e monitorare. Lo strumento migliore è in questi casi il contante, come noto, in quanto sia un bambino che un adulto hanno contezza immediata di aver speso poco o tanto per ottenere un bene a seconda di quante monetine o biglietti hanno dovuto cedere in cambio. Queste riflessioni si sono sviluppate nella dottrina economica e sociologica sin dall’avvento delle carte di credito, che manifestano lo stesso problema, anche se ovviamente sono molto meno rischiose delle criptovalute sotto il profilo dell’affidabilità negli scambi. Dare ad un adolescente la carta di credito dei genitori lo abilita, se non è ovviamente responsabile e responsabilizzato, a spendere con meno limiti, all’evidenza, rispetto a delle banconote che prima o poi finiscono! Da questo discorso devono essere tenute fuori le considerazioni relative ai reati finanziari e a tutti quelli che si possono compiere con denaro e mezzi di pagamento, altrimenti molte delle analisi (che peraltro oggi si abusano) sulla propensione al crimine a seconda del tipo di moneta di cui si dispone sarebbero unicamente fuorvianti in questa sede.

Ai nostri figli non deve essere insegnato “come fare affari”, ma, molto banalmente,  come si spende e non si spreca, come si risparmia e si conserva il surplus rispetto a quanto guadagnato con fatica da essi stessi e, peggio,  dai genitori.

In Italia molte recenti iniziative di educazione finanziaria sono state intraprese soprattutto dalla Banca d’Italia, con programmi anche scolastici di pregevole fattura. Ma al centro di questi non sono stati tracciati profili da investitore, tantomeno in asset digitali sui quali ancora noi adulti, tecnici e non, dobbiamo arrivare a stabilire opportunità e rischi, utilità e confini. Ad onor del vero, sia l’Europa che il nostro paese segnano un colpevole ritardo nella regolamentazione degli asset digitali e delle stesse criptovalute, che sono realtà da non ignorare e da utilizzare per quello che possono obiettivamente consentire, anche se non a tutti. La possibilità, cioè, di smaterializzare le ricchezze dei portafogli, renderle più fungibili e trasferibili. Ma deve restare chiaro che le regole e i mercati ufficiali non si possono disintermediare, né con una carta di credito e nemmeno con un Bitcoin!

Senza dire dei rischi incrementali sotto il profilo della Cybersicurezza, che senza partigianeria possiamo ritenere quasi nulli se si utilizza il contante, oppure strumenti di pagamento tracciabili per definizione. Anzi, mi piace ricordare ancora una volta che si tratta di “rintracciabilità” più che di tracciabilità, e per le future generazioni , questa deve rimanere regola d’oro per qualsiasi investimento.

* Consigliere per la Cybersecurity del Sottosegretario alla Difesa 

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