Molte parole sono state scritte per descrivere l’ondata di nuovi poveri creata dalla pandemia da Covid 19. Durante il lockdown le file delle mense popolari si sono allungate a dismisura includendo anche persone che non appartenevano tradizionalmente alla fascia dei più deboli, degli emarginati sociali, per lo più senza fissa dimora. L’Istat ci ha detto che l’Italia annoverava un milione di poveri in più, persone che per la maggior parte avevano lavori stagionali, precari, se non in nero. Parliamo del cameriere a chiamata o della signora delle pulizie che faceva qualche ora al bed & breakfast, se non delle badanti straniere, tutti senza regolare contratto e che improvvisamente si sono trovati tagliati fuori da qualsiasi fonte di sostentamento quando il Paese si è fermato. Con le misure di contenimento sono venute meno anche le reti di solidarietà spontanea, il pezzo di pane regalato dal fornaio o l’elemosina racimolata per strada.
Ma, poi, l’emergenza è passata e gli indicatori economici hanno rassicurato su una ripresa del Paese, grazie anche ai tanti aiuti di Stato. Eppure, come per tutte le altre crisi che ha attraversato l’Italia nell’ultimo trentennio, anche in questo caso c’è chi è restato indietro. E le file alle mense popolari non sembrano accennare a un vero e proprio ridimensionamento. Anzi. Secondo il responsabile delle mense di Sant’Egidio, Augusto D’Angelo, da agosto stanno notando un nuovo incremento degli avventori dei punti di distribuzione alimentare, un incremento che si aggira intorno al 20% e che sembra rappresentare il preludio di quella crisi paventata nel prossimo autunno.
D’Angelo ci racconta che si stanno riaffacciando persone che dopo il lockdown avevano ritrovato qualche lavoretto o anziani che con la loro piccola pensione sono spesso punto di riferimento di interi nuclei familiari. Pochissimi gli immigrati come si è portati invece a pensare, che per la Comunità si trasformano spesso in risorsa e un aiuto concreto. La massa critica rimane costituita per un terzo da persone che vivono per strada, un terzo da ospiti di centri di accoglienza e un terzo da occupanti di capannoni ed edifici abbandonati. Tra loro anche qualche persona con piccoli problemi psichiatrici. Per loro nulla è cambiato dopo la pandemia, restano gli invisibili della nostra società. E se è vero quanto dichiarato due settimane fa anche dalla Onlus Pane quotidiano e, cioè, che il numero di persone in fila per una razione alimentare aumenta ogni giorno e che gli ultimi dati hanno mostrato come la realtà di Milano sta tristemente peggiorando per migliaia di persone, non c’è da essere troppo ottimisti sui mesi a venire, quando le conseguenze del caro bollette e dei generi alimentari si farà ancora più sentire.