Secondo la Cgia di Mestre e’ possibile ipotizzare che circa la meta’ della platea dei teorici destinatari del reddito di cittadinanza, potrebbe essere composta da persone che lavorano in maniera irregolare. Visto che per l’anno in corso ai beneficiari della misura il Governo eroghera’ 6 miliardi, verosimilmente la meta’ della spesa, pari a circa 3 miliardi, potrebbe finire nelle tasche di persone che non ne hanno diritto. Per il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo, “a causa dell’assenza di dati omogenei relativi al numero di lavoratori in nero presenti in Italia che si trovano anche in stato di deprivazione, non possiamo dimostrare con assoluto rigore statistico questa tesi. Tuttavia, vi sono degli elementi che ci fanno temere che buona parte dei percettori del reddito di cittadinanza potrebbe ottenere questo sussidio nonostante svolga un’attivita’ lavorativa in nero, sottraendo illegalmente alle casse dello Stato un’ingente quantita’ di imposte, tasse e contributi previdenziali. In altre parole, l’Amministrazione pubblica, al netto delle misure di contrasto previste, sosterra’ con il reddito di cittadinanza un pezzo importante dell’economia non osservata”.
Ma come e’ giunta la Cgia a queste conclusioni? Secondo l’Istat, in Italia ci sono poco meno di 3,3 milioni di occupati che svolgono un’attivita’ irregolare. Se da questo numero si rimuovono i dipendenti e i pensionati che non hanno i requisiti per accedere a questa misura – pari, in linea di massima, a 1,3 milioni di unita’ – coloro che pur svolgendo un’attivita’ irregolare potrebbero, in linea teorica, percepire questa misura sarebbero 2 milioni; vale a dire la meta’ dei potenziali aventi diritto (poco piu’ di 4 milioni). La Cgia osserva, inoltre, come la diffusione dell’economia sommersa nel nostro Paese presenta delle differenze regionali molto marcate, che potrebbero provocare delle forti distorsioni a livello territoriale nell’erogazione del sussidio. La regione piu’ a “rischio” secondo la Cgia e’ la Calabria che, secondo gli ultimi dati disponibili (anno 2016), presenta 140.700 lavoratori in nero, ma un’incidenza percentuale del valore aggiunto da lavoro irregolare sul Pil regionale pari al 9,4%. Un risultato che e’ quasi doppio rispetto al dato medio nazionale (5,1%). Segue la Campania che, con 372.600 unita’ di lavoro irregolari, “produce” un Pil in “nero” che pesa su quello ufficiale per l’8,6%.
Al terzo posto la Sicilia, nello specifico con 303.700 irregolari e un peso dell’economia sommersa su quella complessiva pari all’8,1%. Le realta’ meno interessate dalla presenza dell’economia sommersa sono quelle del Nord: in Friuli Venezia Giulia i lavoratori irregolari sono 56.400: questi ultimi generano un valore aggiunto sommerso che e’ pari al 4,1% del Pil regionale. In Lombardia, invece, gli occupati irregolari sono 485.600 e “producono” un valore aggiunto in nero del 3,9% di quello rilevato ufficialmente. La regione piu’ virtuosa, infine, e’ il Veneto: i 197.600 lavoratori in nero presenti “causano” quasi 5,4 miliardi di valore aggiunto sommerso, pari al 3,8% del Pil regionale. (Italpress).