A più di cento anni di distanza dalla nascita di De Gasperi si può ricordare, con ricchezza di dati e notizie edite e inedite, la grande opera dei ricostruttore e rinnovatore della nazione italiana.
Si tratta di vicende politiche che vanno dalla liberazione di Roma alla scomparsa del grande statista, È bene che gli avvenimenti siano ricordati, ma più degli avvenimenti bisogna rievocare la sua eredità ideologica per impedire che sia affievolita nel tempo.
Il degasperismo politico poggia su due punti fondamentali: centrismo e solidarismo. Queste due fondamentali nozioni vanno ricordate in un tempo nel quale si è creduto di correggere il “centrismo” con la “centralità”, in un tempo nel quale il “solidarismo” di ispirazione cristiana è divenuto la bandiera della riscossa politica. Se si cerca di qualificare politicamente la natura del centrismo, nessun termine è più idoneo di “solidarismo”.
De Gasperi sempre insistette su un triplice aspetto dei solidarismo centrista: il solidarismo interno che si concreta nello Stato organico, nello Stato democratico; il solidarismo economico che si concreta nell’interclassismo, il solidarismo internazionale che si concreta nei federalismo. Stato organico, interclassismo, federalismo sono quindi tre aspetti inscindibili del centrismo degasperiano il quale proprio qui ci appare nella sua caratteristica di politica di mediazione fra valori diversi di parte, di classi e di nazioni, dì cui ci si sforza di realizzare la sintesi, essendo proprio nella loro sintesi la garanzia delta vitalità della società politica.
Nei solidarismo politico di De Gasperi si afferma l’organicità dell’ordinamento sociale: “Domus, urbis, orbis”. Dalla società familiare a quella civile e a quella internazionale vi è un progresso organico non dì esclusione ma di integrazione ed è in questo organismo politico che si risolvono le antinomie caratteristiche della dialettica politica. Tipica e sovrastante è l’antinomia fra individuo e Stato dalla quale prendono le mosse rispettivamente le ideologie del liberalismo e del socialismo.
Il centrismo degasperiano tende al superamento di questa antinomia nella mediazione tra individuo e Stato, considerati non come valori contrapposti (alla maniera delle dottrine individualistiche) né come valori che si identificano alla maniera delle dottrine statalistiche, ma considerati come valori ugualmente subordinati alla suprema legge morale la quale vige per l’uomo sia esso visto “ut singulus”, sia essa visto “ut socius”.
La sintesi fra i valori dell’individuo e i valori dello Stato ha le sue radici appunto nella natura sociale dell’individuo e nella natura umana dello Stato.
Ecco un punto essenziale del centrismo degasperiano che affermç: né liberalismo né socialismo ma personalismo cristiano nella comunità cristiana in cui si realizza la più armonica sintesi di valori che hanno pienezza di vita solo nella loro integrazione.
Per questo egli ripeteva che non vi è democrazia politica senza democrazia economica. Questo centrismo va inteso veramente cometa terza via, una via nuova, una via maestra tra vie opposte, fra vie periferiche divergenti.
Il solidarismo economico di De Gasperi rispecchiato con esattezza nella Costituzione nella quale oltre parlare dì proprietà privata e dì iniziativa privata parla di funzione sociale di interesse generale, nella Costituzione in cui è tenuta ben salda la distinzione fra il pubblico ed il privato, evitandosi con ciò i pericoli dell’esperienza individualistica e comunistica dei feudalesimi contemporanei. In questa sintesi organica tra il pubblico e il privato, lo Stato interviene non per difendere se stesso, ma per difendere il privato dal privato, per porre la stessa comunità al sevizio dei diritti dell’uomo.
La mediazione centrista è particolarmente evidente nell’interclassismo della concezione di De Gasperi. Nel discorso al Teatro dell’Opera a conclusione del IV Congresso Nazionale della DC, De Gasperi affermava: «L’interclassismo è la caratteristica fondamentale di un partito di centro».
Al di fuori del centro, i partiti sono più o meno apertamente partiti di classe, o di classe operaia o di classe borghese: cioè sono partiti nei quali si tende alla coincidenza fra interessi economici di ceti e programma di politica nazionale.
Nella mediazione interclassista vi è invece lo Stato in luce, vi è la visione organica della necessaria relazione e cooperazione fra le classi, vi è lo sforzo che il partito centrista compie per risolvere anzitutto nel suo seno quella convergenza di interessi distinti e opposti che il partito deve risolvere poi nel quadro più vasto delta società tutta. E qui dove il centrismo rivela il suo rigoroso rispetto nella concezione organica della società intesa come cooperazione di volontà, come sforzo di vertere in unum e quindi come contemperamento di interessi, in armonia con un bene comune.
Un terreno nel quale il centrismo degasperiano si spiegò in maniera sempre più originale e costruttiva fu certamente il terreno della cooperazione internazionale.
Egli fu un precursore ed apostolo del federalismo e che cos’è il federalismo se non la concezione centrista della politica riflessa della esigenza della cooperazione fra Stati e dalla sintesi tra gli interessi nazionali?
La sua dura polemica contro il nazionalismo frammentarista che nega il carattere composto e quindi sintetico della società degli Stati, la sua vibrante polemica contro l’imperialismo con il suo culto della forza contraddice la legge stessa della pacifica coesistenza portando alla ribalta della vita internazionale o gli egoismi di classe o gli egoismi di nazione.
Questa polemica fu (nella sua dottrina e nella sua azione politica) presupposto della sua generosa e tenace battaglia per il federalismo europeo Anche su questo terreno il centrismo è sintesi fra l’esigenza dell’indipendenza nazionale e della cooperazione internazionale.
Partendo dal principio che anche la volontà statuale non è volontà senza limite, perché altrimenti sì arriverebbe a negare la legge della coesistenza, De Gasperi affermava: «Nel nostro sviluppo vi sono confluenze con l’esperienza sociale e con quella liberale. La nostra aspirazione cristiana non impedisce ma favorisce la collaborazione».
Con la sua dottrina mediatrice afferma che diritti di libertà dei popoli vanno armonizzati con i doveri di solidarietà analogamente a quanto avviene nella vita degli individui delle società intermedie che possono vivere solo riconoscendo necessaria la interdipendenza tra diritti e doveri.Il suo solidarismo lo doveva condurre a respingere la dottrina internazionalista della subordinazione di uno Stato all’altro Stato (teoria degli Stati satelliti), per affermare la dottrina del coordinamento fra gli Stati, della associazione fra sovranità nella limitazione delle sovranità.
Nell’articolazione della necessaria mediazione fra le volontà statali e lo Stato è indotto a rinunciare ad una porzione dì sovranità sovranazionale. Anche qui la mediazione in luogo di indebolire la sovranità la rafforza nella solidarietà.
Tipico aspetto del centrismo programmatico nel campo internazionale è la dottrina assolutamente nuova della integrazione la quale non va confusa, come comunemente si confonde, con l’associazione tra gli Stati alla maniera delle antiche e odierne alleanze, volendo invece l’integrazione indicare la interdipendenza fra gli Stati, la loro unione funzionale, il loro reciproco condizionamento. È nell’integrazione difensiva che ogni nazione viene a trovarsi ad essere necessaria ma nessuna sufficiente a garantire la sicurezza.
Non è Stato con l’altro Stato, ma uno Stato per l’altro Stato; questo è il senso profondo della moderna integrazione federalista e sovranazionale. Questo solidarismo tra Stati portava De Gasperi a combattere ogni politica di isolamento, di egoismo, di acquiescenze. Il mondo era fatto esperto dell’insegnamento di due guerre mondali le quali hanno rivelato che ogni debolezza è tentazione, ogni divisione è provocazione, mentre la sicurezza risiede solo nell’unità che è il segreto della forza.
Il centro vuole collaborare ma non rifiuta di assumere da solo la responsabilità quando la storia lo esige.
In questo senso la politica di centro è la politica di coraggio e responsabilità. È la politica che ci permise di ricostruire lo Stato dopo il dramma della guerra con un partito inteso non come fazione o come riunione letterale, come dottrina arrugginita o coalizione di malcontenti, bensì come responsabilità, come credo, come scuola.
Una scuola nella quale si insegna la dottrina della socialità, del bene che non è esclusivo di nessuno perché è un valore universale: “più si dà, più si ha”. Abbiamo cercato di delineare troppo sinteticamente i fondamentali aspetti di quella che De Gasperi, con espressione viva, chiamò “rotta del centro”, e sentiamo che quell’insegnamento oggi è più vivo che mai_ Egli fu uno di quegli spiriti rari che lasciano dietro a sé eredità di idee e di opere, ma anche tristezza profonda in amici ed oratori, che sempre più sentono il vuoto lasciato da De Gasperi.
Articolo di Guido Gonella