Meno spesa più ricerca del risparmio, ma in discesa il potere di acquisto. Quasi un italiano su due, il 49%, ha deciso di tagliare la spesa per far fronte all’aumento record dei prezzi trascinato dai rincari energetici e dagli effetti della guerra in Ucraina. È quanto emerge dai risultati di un sondaggio della Coldiretti
diffuso in occasione dei dati Istat sull’inflazione a marzo 2022 di quali si evidenzia un aumento medio del 5,8% per i generi alimentari.
Prezzi e inflazione
A causa delle fiammate inflazionistiche un altro 13% di italiani dichiara di aver ridotto la qualità degli acquisti, costretto ad orientarsi verso prodotti low cost per arrivare a fine mese, mentre un
38% di cittadini non ha modificato le abitudini di spesa. “A crescere sono anche i costi per il menu tradizionale di Pasqua con rincari”, sottolinea la Coldiretti, “dal 4,5% per le uova al +4,9% per la carne di
agnello mentre al ristorante i conti sono in aumento del 3,6% ed i servizi di alloggio in alberghi e pensioni del +9,3%, per chi coglierà l’occasione per qualche giorno di vacanza”.
Olio di semi prezzi record
In vetta alla classifica degli aumenti con un +23,3% ci sono gli oli di semi, soprattutto quello di girasole, evidenzia Coldiretti, che risente del conflitto in Ucraina che è uno dei principali produttori e ha dovuto
interrompere le spedizioni causa della guerra, mentre al secondo posto c’è la verdura fresca, con i prezzi in salita del 17,8%, di poco davanti al burro (+17,4%). Rincari a doppia cifra anche per la pasta (+13%) con
la corsa agli acquisti nei supermercati per fare scorte, così come per frutti di mare (+10,8%) e farina (+10%). A seguire nella graduatoria degli aumenti, carne di pollo (+8,4%), frutta fresca (+8,2%), pesce
fresco (+7,6%), con i gelati (+6,2%) a chiudere la top ten, dalla quale esce invece il pane, pur se in aumento del 5,8%.
Costi per gli agricoltori
Se i prezzi per le famiglie corrono, spinte dal caro energia e dalla guerra, l’aumento dei costi colpisce duramente, precisa la Coldiretti, “l’intera filiera agroalimentare, con i compensi riconosciuti agli
agricoltori e agli allevatori che non riescono ormai neanche a coprire i costi di produzione. Più di 1 azienda agricola su 10 (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben
circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi di produzione”.
Uno Tsunami aumenti
Nelle campagne, secondo l’indagine della Coldiretti, si registrano aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio con incrementi dei costi correnti di oltre 15.700
euro in media ma con punte oltre 47mila euro per le stalle da latte e picchi fino a 99mila euro per gli allevamenti di polli, secondo lo studio del Crea.
In balia delle speculazioni
Ad essere più penalizzati con i maggiori incrementi percentuali dei costi correnti, elenca la Coldiretti, sono proprio le coltivazioni di cereali, dal grano al mais, che servono al Paese a causa dell’esplosione
della spesa di gasolio, concimi e sementi e “l’incertezza sui prezzi di vendita con le quotazioni in balia delle speculazioni di mercato”. In difficoltà serre e vivai per la produzione di piante, fiori, ma anche
verdura e ortaggi seguiti dalle stalle da latte.
Intervenire prima del crollo
Per la Coldiretti è necessario intervenire con rapida perché il caro energia ed i costi di produzione hanno già messo in gravi difficoltà le aziende.
“Servono interventi immediati per salvare aziende e stalle e strutturali per programmare il futuro” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “occorre lavorare da subito per accordi di
filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle
pratiche sleali e alle speculazioni”.