La parola crisi ì rimbalza ovunque. Ma oggi assume i connotati di un realismo tangibile. La si può toccare con mano perché le “crisi” non sono così distanti da noi. La guerra con le sue pericolosissime incognite, il caro bollette, l’energia che costa e che scarseggerà, l’inflazione così come la “stagflazione” che somma stagnazione con l’aumento dei prezzi per i consumatori. C’è la crisi economica che sopraggiunge non per tutte le famiglie ma per una parte rilevante di italiani. C’è una fascia di cittadini che sprofonda nell’indigenza.
Ricchi e poveri
Secondo le stime definitive, sono oltre due milioni le famiglie in povertà assoluta (con un’incidenza pari al 7,7%), per un totale di oltre 5,6 milioni di individui (9,4%). Sull’altro fronte quello dei miliardari il 2021 è stato un anno – malgrado pandemica e restrizioni – che ha dato loro molte soddisfazioni. Le persone che in Italia vantano un patrimonio di almeno un miliardo di dollari sono infatti 49, cioè nove in più di un anno fa. La somma dei loro patrimoni – spiega la rivista Forbes –, 211,1 miliardi di dollari, è invece aumentata sia rispetto al dicembre 2020 (182,1 miliardi), sia rispetto ad aprile (204,5). In 49 detengono la ricchezza di 12 milioni di italiani.
Fisco riforma mancata
Numeri che servono per comprendere perché il fisco in Italia è ancora una riforma mancata. Incagliata sul tema del riordino del Catasto – se magari si farà qualcosa se ne riparlerà nel 2026 – si dimenticano poi i problemi legati al sistema delle tasse, perché è così difficile pagarle e perché è impossibile per lo Stato recuperare i crediti.
Dati sconfortanti
La pressione fiscale è arrivata al record del 42,8%, un livello alto da record che condividiamo con Paesi come Svezia e Danimarca, solo che a quelle latitudini i servizi funzionano, mentre in Italia, non solo i servizi sono carenti ma ci sono una miriade di tasse indirette. Chi paga il fisco in Italia è poi costretto a sborsare di tasca propria per avere quei servizi che, altrimenti, gli spetterebbero di diritto dallo Stato. Si pensi al settore della salute – ad esempio alle liste di attesa nel pubblico per cui poi ci si rivolge a strutture private -, alle pensioni basse, ma anche a ciò che costano i parcheggi, al sistema della sicurezza, ai pedaggi autostradali. Per fare alcuni esempi di disservizi, che poi diventano enormi tra aree costiere e zone montane che si spopolano.
I miliardi inesigibili
In questo scenario di diseconomie avviene che – tralasciando i furbetti seriali che non sono però artigiani o modesti lavoratori autonomi, o piccole imprese che sono costrette ad evadere per sopravvivenza – nel Paese, dal 2000 al 2020, il fisco non è riuscito a recuperare quasi 930 miliardi tra multe e tasse non pagate, ovvero l’87% dei 1.068 miliardi. In altri versi secondo il Ministero Economia e Finanze, a fine 2020 la consistenza del magazzino crediti “ha superato 999 miliardi, dei quali circa 400 difficilmente recuperabili e più di un terzo superiori a 10 anni”.
La Commissione
Vale la pena riferire uno stralcio della relazione delle commissioni Finanze di Camera e Senato. “Il 78 per cento del magazzino fiscale”, evidenzia lo studio, “è costituito da 178 milioni di crediti di importo inferiore a 1.000 euro (per un totale di 56 miliardi) che impongono di valutare il rapporto costi/benefici rispetto alle operazioni di recupero”. E, ancora, scorrendo i numeri. Ci sono circa 18 milioni di contribuenti in debito col fisco, di cui ben 15 milioni sono persone fisiche, delle quali 2,5 milioni hanno attività economiche, mentre dei carichi residui di competenza statale ben 133 miliardi sono dovuti da soggetti deceduti e ditte cessate, mentre altri 152 miliardi da soggetti con procedura concorsuale in corso. Dei circa 8 milioni di contribuenti destinatari ogni anno di cartelle di pagamento, avvisi di addebito e avvisi di accertamento esecutivi, quasi il 90 per cento risulta avere già avuto iscrizioni a ruolo negli anni precedenti, a dimostrazione dell’alta recidività di coloro che non regolarizzano il debito nella fase antecedente l’inizio del processo di riscossione. Dei circa 16 milioni di nuovi atti che annualmente vengono notificati, circa il 20 per cento viene regolarizzato nel periodo immediatamente successivo alla notifica, mentre un ulteriore 25 per cento viene estinto attraverso le procedure di recupero e l’istituto della rateizzazione nei successivi 5 anni, il restante 55 per cento viene poi recuperato solo parzialmente nei successivi anni. Questi risultati dicono che recuperare soldi è una impresa pressoché impossibile.
La nuova proroga
Nei giorni scorsi c’è l’ennesima prova delle difficoltà che incontrano le famiglie. Per chi non ha pagato le rate della rottamazione-ter il Governo ha deciso una nuova proroga con la Legge del Sostegni-ter. Si spostano ancora in avanti i pagamenti mancati del 2020 e 2021, senza pagare sanzioni e interessi di mora con un risparmio consistente. C’è inoltre la sospensione di atti esecutivi. Insomma una apertura dello Stato verso chi ha debiti nei suoi confronti.
Il condono per riniziare
C’è solo da aggiungere che queste decisioni di rinvii seriali non fanno altro che dimostrate che molte famiglie e altrettante piccole imprese non hanno soldi. Non possono pagare il pregresso perché non riescono nemmeno ad andare avanti.
La crisi c’è e sarà molto dura. Si parla di “economia di guerra” a cui il Paese dovrà prepararsi. I costi dell’energia stanno avendo un effetto domino sui prezzi alimentari, l’inflazione, i lavori a singhiozzo, non permettono di avere risorse aggiuntive. L’unico modo – lo ripetiamo – è decidere seriamente per un condono e ripartire con una riforma dei fisco severa con i furbetti, ma giusta con quanti lavorano e cercano di sopravvivere economicamente in un mare in tempesta.