domenica, 15 Dicembre, 2024
Società

Combattere l’antisemitismo tra i banchi

L’antisemitismo esiste a scuola? Parte da questa domanda la riflessione di Milena Santerini, coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e docente dell’Università Cattolica, che giovedì 20 gennaio ha presentato nel corso del webinar organizzato da CARE, centro studi Contesti, Affetti e Relazioni Educative dell’ateneo cattolico diretto dal professor Daniele Bruzzone, le nuove linee guida contro l’antisemitismo, frutto di un Protocollo d’intesa siglato il 27 gennaio scorso tra Ministero dell’Istruzione, Coordinatrice Nazionale per la lotta all’antisemitismo e UCEI (Unione Comunità Ebraiche italiane).

L’incontro, rivolto alle scuole in preparazione della Giornata della Memoria, è stato coordinato dallo stesso Bruzzone e dal professor Pierpaolo Triani della facoltà di Scienze della formazione e ha visto gli interventi di Saul Meghnagi, rappresentante UCEI, Melissa Sonnino, rappresentante CEJI, e di Milena Santerini, che ha introdotto il suo intervento fugando subito ogni dubbio: “Sì, l’antisemitismo a scuola esiste. Ma ci riteniamo immuni da questa forma di virus perché intendiamo l’odio antiebraico solo nella sua forma più estrema, quella che ha portato al genocidio. Chi di noi sente di poter aderire scientemente a questo tipo di progetto oggi?”. Per questo Santerini ha spostato l’attenzione su un’altra domanda:
“Come siamo arrivati a questo? Com’è potuto accadere che gente comune, cittadini normali, siano diventati “volenterosi carnefici”, che abbiano accettato, collaborato o reagito con indifferenza?”.

Per Santerini il ruolo della propaganda, è stato centrale e si è collocato prima di tutto, con un progetto di diffusione insistente della stampa, del cinema, della radio, con una manipolazione delle coscienze martellante, “che oggi avviene soprattutto online e che porta gente comune ad accettare con indifferenza esiti di estrema violenza, partendo da pregiudizi, stereotipi, a volta addirittura dall’umorismo, dalla derisione” strumenti che portano alla de umanizzazione, alla mentalità complottista. È questo il tipo di pregiudizio che dobbiamo prevenire oggi nella scuola”. “Quando gli studenti dicono ‘è solo black humor’, ‘stiamo solo scherzando’ ebbene lì si sta costruendo una distanza emotiva – ha aggiunto Santerini -; gli stereotipi, i pregiudizi, le battute, la normalità del disprezzo quotidiano ci portano a un disimpegno morale che nel tempo può divenire un progetto violento. Per questo abbiamo creato linee guida, un documento in progress che ha un intento fortemente applicativo, si propongono come strumento di lavoro per le suole. Siamo consapevoli che non esista solo l’antisemitismo, ma piuttosto una costellazione di forme di odio, intolleranza, discriminazione che si esprime in tanti modi e che, come dice il Ministro Bianchi la scuola ha il dovere di combattere”.

Le linee guida sono state tradotte in dieci sussidi didattici elaborati dall’OSCE organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, illustrati da Melissa Sonnino, di CEJI – a Jewish Contribution to an inclusive Europe, e ambiscono a fornire strumenti e strategie utili agli insegnanti per combattere l’antisemitismo nelle classi “Purtroppo l’antisemitismo nelle scuole non è un fenomeno raro, e le forme più subdole sono la base della piramide dell’odio, fatta di maldicenze, battute, pregiudizi, che portano a bullismo, esclusione sociale, discriminazione, arrivando a escalation pericolose. Scegliere di non affrontare le forme più lievi, significa creare le condizioni per un consolidamento degli stereotipi con conseguenze molto serie sia per le vittime che peri gruppo classe”. Il Giorno della memoria è occasione per analizzare la storia del nostro Paese, ma rappresenta soprattutto l’opportunità per guardare al futuro in modo costruttivo, come ha ricordato Saul Meghangi. Ed è nella scuola che il futuro si costruisce: “Dal punto di vista didattico siamo abituati, per la corretta attenzione data al tema delle competenze, a ragionare sugli obiettivi di conoscenza all’interno delle varie discipline, sugli aspetti cognitivi.

In realtà questi sono complementari rispetto agli aspetti affettivo-disposizionali del processo educativo, ovvero alle propensioni e al modo di guardare la realtà che hanno portato non intellettuali, ma contadini e povera gente, priva di un riferimento culturale, ad essere soggetti attivi nella difesa dei perseguitati.
Questa consapevolezza impone un costante dialogo tra educatori e giovani, per riflettere sulla diversità che genera conflitto e ostilità, non solo in relazione all’antisemitismo”. La scuola ha un ruolo fondamentale, ma non può essere lasciata sola, va inserita all’interno di un’alleanza pedagogica, come ha ben sottolineato Pierpaolo Triani, del Centro studi di educazione alla legalità dell’Università Cattolica, in chiusura del webinar.
“L’educazione alla legalità è uno dei temi portanti dell’educazione civica ed ha a cuore il rispetto delle norme, ma non è sufficiente. Occorre promuovere la consapevolezza eticamente fondata delle norme. Perché l’antisemitismo ci dice che educare alla legalità non è sufficiente se non si accompagna a un’educazione permanente che formi coscienze critiche e responsabili”.

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