Il 25 agosto 1866 Italia e Giappone firmavano il Trattato di amicizia e di commercio che auspicava «pace perpetua ed amicizia costante, tra Sua maestà il Re d’Italia e Sua maestà il Taicoun, i loro eredi e successori» e tra i rispettivi popoli, «senza eccezione di luogo o persona». Nel 2016 l’Italia ha esportato in Giappone 6 miliardi di euro (+9,6% e la previsione per il 2017 è del +4,9%), divenendo il 15° mercato di destinazione dell’export italiano con una previsione di crescita di 1,8 miliardi nel 2020. Anche sul piano import, i dati testimoniano un interesse reciproco Italia/Giappone: l’Italia ha importato €4,0 mld di merce dal Giappone, un aumento del +28,7% rispetto al 2015.
Un concetto chiave di interpretazione dei dati, ma anche più in generale del rapporto tra Italia e Giappone, è che nonostante le differenze geografiche e culturali, sono paesi che hanno molte similitudini e quindi condividono problematiche comuni, come la carenza di materie prime e il rapido invecchiamento della popolazione. Pertanto, il Paese del Sol Levante costituisce per l’Italia un partner essenziale e strategico nel processo di rilancio dei propri settori avanzati di ricerca e tecnologia, come dimostrato dai dati sulle quote di settore.
Settori quali le energie rinnovabili, le biotecnologie, le nanotecnologie, la farmaceutica, la robotica e la domotica, rappresentano un’importante opportunità per incentivare la collaborazione, lo scambio e il commercio tra i due paesi. Inoltre, la comune necessità di far fronte al tasso di invecchiamento della popolazione e la caratteristica giapponese di essere un mercato che anticipa e a volte determina i trend, aprono indubbi margini di sviluppo delle potenzialità di cooperazione commerciale e industriale anche nei paesi limitrofi con enormi potenzialità come la Cina. Nell’ambito della gestione e del risparmio energetico, importanti margini di cooperazione tra Italia e Giappone possono essere garantiti dalle tecnologie legate alle reti intelligenti. La gestione dei flussi bidirezionali, distribuito sul territorio, coinvolge quindi non solo l’energia prodotta dalle grandi centrali, ma anche quella generata in media e bassa tensione proveniente da fonti rinnovabili.
Le utilities giapponesi potrebbero trovare utile avviare collaborazioni e così beneficiare dell’eccellenza tecnologica italiana nel campo delle smart grids.