martedì, 17 Dicembre, 2024
Politica

Parte Quota 102. Sulle pensioni partita aperta Governo-Sindacati

In attesa di una riforma complessiva del sistema previdenziale

Finita la sperimentazione di Quota 100, dal 2022 arriva Quota 102. Gennaio sarà un mese di interrogativi istituzionali e conti da mettere sulla bilancia della riforma. Da subito la novità, che non piace ai sindacati, quella di Quota 102, con il salire di due anni l’età per andare in pensione. Nel 2022 chi vuole uscire dal lavoro dovrà aver maturato minimo 64 anni d’età e 38 di versamenti. Con il volgere dell’anno, inoltre, sarà chiaro che dopo molti scenari finanziari sui costi e valutazioni socio economiche, prospettate dai sindacati, Associazioni di categoria e vertici Inps, l’unica cosa certa sarà la nuova Quota 102. Un anno di transizione, il tempo necessario per costruire una riforma che andrà in scena nel 2023. Quota 102 voluta dal Governo e in particolare dal premier Mario Draghi servirà in primo luogo a riportare ad unità un sistema previdenziale che nel passato ha subito rimaneggiamenti tali da provocare disuguaglianze tra lavoratori, in quel mix di calcoli retributivi e contributivi. Eventuali uscite anticipate dovranno essere ora totalmente ancorate al versamento dei contributi.

Le novità

In queste ore sulla previdenza si confermano con il voto al Senato e alla Camera gli aggiustamenti ad altre due misure previdenziali, si tratta di “Anticipo pensione”, il cosiddetto Ape sociale e Opzione Donna, entrambe le opzioni hanno avuto un ampliamento di possibilità dopo un confronto tra parti sociali e Governo. Le misure con la spinta dei sindacati e Associazioni di categoria sono state riviste, con una serie di concessioni in favore dei lavoratori in particolare quelli esposti a mansioni usuranti. La soglia contributiva d’accesso è stata rimodulata, ad esempio, per i lavoratori edili che avranno uno sconto di 4 anni sul periodo maturato, quindi da 36 a 32 anni (mentre la soglia di età è rimasta a 63 anni), con i lavoratori edili ci saranno i ceramisti che avranno anche loro una riduzione di anni. Ampliamenti sono stati fatti anche per Opzione Donna.
In questo caso le lavoratrici potranno andare in pensione con almeno 35 anni di versamenti e 58 anni d’età, oppure 59 se “autonome”.

La sfida dei costi

Il nodo dove si è incagliato il confronto tra sindacati e Governo è quello sensibilissimo dei costi di una riforma complessiva, per questo il dialogo ripartito nei giorni scorsi è solo una prima timida tappa in
attesa dei calcoli che il ministero dell’Economia e Finanze sta mettendo a punto. Sulla sostenibilità dei costi il premier Draghi è stato netto nel sottolineare che la riforma dovrà muoversi all’interno di rigorosi paletti economici, non solo per un equilibrio dei conti ma per consegnare alle future generazioni una previdenza in equilibrio.

I numeri

Una rimessa in linea del sistema è confortata dai numeri. Per le proiezioni fatte dai tecnici per il 2023 l’Anticipo sociale, si dovrebbe tradurre in 21.200 uscite, con un impatto sulle casse dello Stato di
141,2 milioni. Spesa che salirà nel 2023 a 275 milioni per poi tornare a scendere. Per chi invece sarà costretto nei prossimi 12 mesi ad andare in pensione con Quota 102, lo Stato spenderà 176 milioni. Soldi che in buona parte saranno compensati con l’uscita di scena di Quota 100. Con la sua soppressione l’Istituto di previdenza risparmierà dal 2024, (bisognerà infatti smaltire chi nel frattempo, nel 2021 ha maturato i requisiti di Quota 100) la somma rilevante di 1,8 miliardi.

Proiezioni per il 2023

Secondo gli analisti che hanno esaminato le proiezioni della Ragioneria generale dello Stato, i prossimi pensionati nel 2023 saranno 16.800, con il meccanismo 64 anni di età e 38 di contributi. Numero che salirà nel 2023 a 23.500 e successivamente tornerà a scendere a 15.100 nel 2024, fino al 2025 si prevedono con Quota 102, 5.500 pensionati per arenarsi a mille nel 2026. L’assegno medio con Quota 102 dovrebbe essere, secondo i primi calcoli, di 26mila euro annui.

Confronto Governo-Sindacati

Cgil, Cisl e Uil si sono dati appuntamento con il Governo a gennaio per tornare al tavolo della trattativa. Le incognite sulla via di una riforma della previdenza condivisa sono molte. Ai sindacati non è piaciuta la decisione del premier di attuare Quota 102, anche se per un solo anno, un tema divisivo su cui Cgil e Uil hanno proclamato lo sciopero del 16 dicembre. Ma c’è anche un risvolto che inquieta le tre confederazioni sindacali, l’interrogativo su chi sarà l’interlocutore.
Di mezzo infatti ci sarà l’elezione del Capo dello Stato, con Draghi in pole position, e quindi magari il confronto sarà portato avanti da un altro presidente del Consiglio. Quindi navigazione a vista: anche la
maggioranza di Governo potrebbe improvvisamente frantumarsi e riportare ogni ipotesi in alto mare.

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