Giuseppe L’Abbate, 36 anni, laureato in Informatica, è deputato della Commissione Agricoltura di Montecitorio dal 2013, già Sottosegretario presso il Ministero delle Politiche Agricole del Governo Conte II, dal settembre 2019 al febbraio 2021, e Capo “Area Territorio” per il MoVimento 5 Stelle alla Camera. Con l’Onorevole abbiamo dato vita ad una rubrica a cadenza mensile denominata “Dal Parlamento alla Tavola” in cui illustriamo le novità legislative e le nuove opportunità messe in campo dal Mipaaf per le filiere agricole e l’intero comparto agroalimentare nazionale.
LE NUOVE TECNOLOGIE AGRICOLE VOLANO PER UNA MAGGIORE SOSTENIBILITÀ
Le strategie comunitarie come la ‘Farm to Fork’, che si inseriscono nel solco del ‘Green Deal’, ci richiedono fortemente una maggiore sostenibilità, innanzitutto in termini ambientali, oltre che economici e sociali. Per raggiungere questi obiettivi dobbiamo, da un lato, aumentare la produzione di superficie agricola coltivata con metodo biologico. L’Italia è un paese leader in Europa con il 15% dei propri terreni in ‘bio’ ma dovremo raggiungere il 25% nei prossimi anni. Su ciò potrà esserci d’aiuto la proposta di legge, in procinto di essere approvata definitivamente dalla Camera sul settore biologico, tesa a supportare gli ingenti investimenti dei tanti imprenditori che, sempre più, scelgono questa pratica agronomica. Dall’altro lato, però, dobbiamo cercare di abbattere l’utilizzo di fitofarmaci per ridurre l’impatto ecologico del comparto primario, che comunque in Italia si limita al 7% delle emissioni tra le attività antropiche.
A tal fine, un aiuto cruciale potrà giungere in futuro dalle cosiddette TEA, le Tecniche di Evoluzione Assistita. Contrariamente ai più conosciuti OGM (Organismi Geneticamente Modificati) che usano tecniche transgeniche introducendo nelle piante DNA di altre specie non sessualmente affini, con le TEA si accelera semplicemente un processo che Madre Natura farebbe in un lasso di tempo ben più lungo. E che gli agricoltori, nei secoli, attraverso tecniche e incroci hanno sempre cercato di rendere più rapido, con il fine ultimo di potenziare determinate caratteristiche delle piante. Gli organismi prodotti con tecniche di genoma editing (mutagenesi sitodiretta) e cisgenesi, infatti, non fanno altro che introdurre pezzettini di DNA di piante sessualmente affini, senza causare processi contro natura. L’obiettivo ultimo è quello di avere piante più sostenibili dal punto di vista ambientale, sia perché necessitano di un quantitativo inferiore di fitofarmaci sia perché, magari, riescono ad essere maggiormente resistenti alla siccità e, dunque, hanno bisogno di meno acqua, aumentando la resistenza ai cambiamenti climatici in genere e con oggettivi benefici, inoltre, per la produttività e le rese sempre preservando le peculiarità della ricca biodiversità italiana che ci rende rinomati nel mondo.
Come ha avuto modo di spiegare Edgardo Filippone, presidente della Società Italiana di Genetica Agraria (SIGA) che raggruppa oltre 300 ricercatori per la gran parte del settore pubblico, “le TEA ci permettono di poter agire con forbici molecolari sul singolo mattoncino di DNA, come accade già in natura ma con tempi differenti. Oggi, con le biotecnologie riusciamo a coniugare ricerca di base con ricerca applicata per rispondere alle esigenze del comparto agricolo nazionale”.
È per questo, dunque, che con il collega Filippo Gallinella, presidente della commissione Agricoltura della Camera, abbiamo voluto depositare una proposta di legge volta a permettere la ricerca in campo aperto sugli organismi prodotti tramite le TEA. Ciò in coerenza con lo Studio della Commissione europea 29 aprile 2021 sullo stato delle nuove tecniche genomiche ai sensi del diritto dell’Unione e nelle more dell’adozione da parte dell’Ue di una disciplina organica in materia.
Per Stefano Vaccari, direttore generale del Crea, l’ente di ricerca del Ministero delle Politiche agricole, “la ricerca in campo di queste nuove tecnologie rappresenta un fattore strategico per l’agricoltura nazionale. Abbiamo bisogno di essere competitivi permettendo di salvaguardare le nostre tipicità. Il Crea, che può contare su 12 centri di ricerca di cui uno specifico per la Genomica, a Fiorenzuola d’Adda, è pronto a mettere sul terreno varietà che abbiamo già testato in laboratorio: tra queste, ad esempio, vitigni che ci permettano meno trattamenti per la peronospera o pomodori maggiormente resistenti alle orobanche. Con questa proposta di legge possiamo anticipare i tempi, senza attendere l’Ue, e porci nel filone di Stati come Cina, Regno Unito e USA. Aspettiamo, dunque, solo l’approvazione della norma, strategica forse almeno quanto il PNRR”.
Quello che abbiamo ascoltato e tramutato in norma non è altro che il grido di dolore della ricerca e le necessità del mondo agricolo di trovare risposta alle esigenze attuali e del prossimo futuro. L’Italia può divenire così un Paese leader nelle TEA e rendere la sua agricoltura ancor più sostenibile ma, soprattutto, resistente ai cambiamenti climatici che mettono a dura prova i produttori. La norma, su cui si cerca una accelerata per un rush finale di Legislatura che possa concludersi con un risultato epocale, vedrà dunque la ricerca spostarsi dai laboratori ai campi, sempre sotto l’autorevole egida pubblica del Crea. Maggiore sostenibilità ambientale, riduzione dei fitofarmaci, maggiore resistenza ai cambiamenti climatici, aumento della produttività per migliorare la redditività e per poter sfamare gli abitanti del Pianeta sono tutti fattori imprescindibili e che dobbiamo esser pronti a cogliere.
La nostra proposta di legge, che permette alla ricerca scientifica pubblica di fare il proprio lavoro di indagine sul campo, sarà presto calendarizzata per poter aprire il dibattito parlamentare, con l’augurio di un confronto volenteroso di dare quanto prima questo strumento potente e innovativo in mano agli agricoltori. I consumatori, da questa ultima ricerca sul campo, non potranno che coglierne benefici; anche, nel peggiore dei casi, qualora si deciderà di bocciare tecnicamente questa innovazione scientifica. Cibi più salutari, meno impattanti sull’ambiente e meno soggetti al clima dovrebbero essere l’auspicio per tutti i consumatori che continueranno a poter contare su alta qualità e notevole biodiversità. È ora di guardare al futuro con occhi nuovi, affinché la ‘transizione verde’ sia piena di potenzialità e non figlia di un bucolico passato agricolo che, però, nei fatti è stato forse più impattante sull’ambiente dell’attualità, dove già le innovazioni tecnologiche e scientifiche ci permettono di abbattere le emissioni. Chi ama il Pianeta e persegue un futuro ecologico non potrà che sposare appieno questa proposta normativa, nella speranza che i risultati siano ottimi anche in campo aperto come già lo sono stati in laboratorio.