In superficie si agita il dicembre dello “scontento” sindacale e dello “sconcerto” di Governo. In sottofondo malgrado lo sciopero del 16 dicembre si muovono le diplomazie che sono al lavoro per riannodare i fili di un confronto tra i protagonisti oggi in lite. La priorità sarà il tornare a sedersi attorno ad un tavolo e mediare. Il primo appuntamento sarà sulla previdenza. Il premier Draghi ha promesso una riforma a tappe, puntando sul metodo contributivo, in sintesi dopo Quota 100 nel 2022 sarà Quota 102, che alza il limite di età. I sindacati, invece, chiedono flessibilità in uscita e un accorciamento significativo di età per i lavoratori soggetti a mansioni usuranti. Cgil, Cisl e Uil sollecitano una marcata flessibilità in uscita a partire dai 62 anni d’età. Il tema pensioni non è semplice da affrontare perché condizionato da stratificazioni normative e mini riforme che rendono il sistema previdenziale una Babele italiana. Per questo una intesa di avvio di confronto dovrà essere trovata magari partendo da questo ultimo scorcio di dicembre.
Pensioni nel mirino
L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico mette il dito nella piaga rilevando che ci sono state troppe deroghe alla legge Fornero. Aggiustamenti che hanno determinato un progressivo calo dell’età media d’uscita, portandola a 61,8 anni. Inoltre fatto non trascurabile che il premier Draghi valuta come problema generale per la tenuta di conti, l’Inps chiude l’esercizio 2021 con un disavanzo di oltre 20 miliardi. Stando così i conti difficile pensare che la riforma delle pensioni possa passare inosservata a Bruxelles. Con l’Unione pronta ad evidenziare le storture di sistemi che hanno affanni economici. In rosso infatti non vanno solo i bilanci Inps ma l’intero sistema di welfare. L’Italia ha una spesa pensionistica che ha raggiunto il secondo posto tra i Paesi Ocse. Spesa che toglie risorse per altri settori.
Uno sguardo ai conti Inps
Se l’Ocse lancia l’allarme i conti dell’Istituto di previdenza dimostrano che si è superato il livello di guardia. Il presidente Inps Pasquale Tridico ha annunciato uno scenario di emergenza dovuto al Covid. L’esercizio 2021 chiuderà con un risultato negativo di 20,2 miliardi. C’è però una nota positiva rimarcata dalla presidenza Inps, quella che il disavanzo è più contenuto rispetto al 2020 (-27,1 miliardi).
Squilibri pubblico-privato
Un tema che tra l’altro non è posto in rilievo nel dibattito politico-sindacale è lo squilibrio delle gestioni pensionistiche tra lavoratori autonomi e dipendenti pubblici. In questo caso sono utili i dati del rapporto Ocse. In media l’età di uscita in Italia è 61,8 anni, di due anni al di sotto della media Ocse (63,1 anni), con una spesa pensionistica: al 15,4% del Pil nel 2019. Inoltre incentivi e tagli non sono per tutte le categorie di lavoratori. Gli squilibri del sistema pensionistico sono evidenti. Ci sono anche concause, ad esempio, la dinamica demografica con un crescente aumento della popolazione anziana e nel contempo la drastica riduzione d’età compresa tra gli 0 e i 29 anni: dal 51,6% nel 1951 al 28,5% nel 2019. Le implicazioni economiche di una crescita bassa e quindi il calo dei versamenti, l’andamento della occupazione con contratti spesso a singhiozzo e con versamenti contributivi bassi. Inoltre per alcuni comparti del pubblico impiego, si sono determinate agevolazioni che consentono il pensionamento anche dieci anni prima della soglia di vecchiaia.
Nella crescita la svolta
Sulle pensioni Cgil, Cisl e Uil fanno fronte comune, la convinzione che i mali non derivano dalle troppe deroghe o incentivi di uscita prima dei 67 anni previsti dalla riforma Fornero, ma da un sistema che in generale penalizza le fasce più fragili di lavoratori. Soprattutto in un prossimo futuro anche i giovani, che stando alle attuali proiezioni potrebbero andare in pensione a 71 anni. Su questo crinale di disuguaglianze Cgil e Uil hanno fondato la proclamazione dello sciopero di giovedì prossimo. Contestando la ripartizione degli 8 miliardi del fondo taglia-tasse della quale non beneficerebbero abbastanza i ceti più poveri. Fermare lo sciopero sarà difficile forse impossibile, ma riannodare i fili sulla riforma delle pensioni, iniziare un confronto appare auspicabile è necessario, anche prima del 16 dicembre. Il tavolo Governo-Sindacati sulle pensioni non è stato convocato ma possono esserci delle novità. Quelle di una Italia a fine anno in forte crescita con un Pil sopra il 6% con una occupazione che torni a salire del 4%, ad esempio nel pubblico impiego dove per il Piano nazionale di Ripresa sono previste numerose assunzioni.
In questo caso i contributi destinati all’Inps rafforzerebbero le casse dell’istituto che avrebbe modo di fronteggiare riforme più ambiziose e costose.