Nell’Italia del 2020 si sono registrati 38.000 professionisti in meno, in particolare tra gli ingegneri e gli architetti, calo che potrebbe impattare negativamente sull’attuazione del PNRR. Il fenomeno lo segnala il 55° Rapporto annuale Censis, che nei decenni precedenti, dal 2008 al 2020, ne aveva invece registrato un aumento significativo. La causa va rintracciata nella crisi economica del 2008 che ha lasciato un segno profondo in queste professioni. Nell’ultimo decennio, infatti, il reddito medio dell’ingegnere libero professionista è andato calando di più di dieci punti percentuali. A farne le spese maggiormente come sempre sono stati i giovani tra i 31 e i 35 anni, fermi fino l’anno scorso a 21.110 euro di reddito medio lordo, anche se con grandi differenze a seconda dei territori.
Nel ricco Trentino, difatti, i 56.000 euro di media di un ingegnere sono tre volte tanto i 17.000 della Calabria, la regione più “povera”. E per quest’anno si attende ancora di quantificare tutti gli effetti dell’onda d’urto del Covid, anche se i bonus per la casa hanno dato una grossa mano alla categoria.
Molti preferiscono la certezza del posto fisso nella PA
Per Gabriele Scicolone, presidente dell’OICE, l’Associazione delle società di ingegneria e architettura aderente a Confindustria, “la riduzione del numero dei liberi professionisti, accoppiata alla difficoltà di reperire in particolare ingegneri e architetti, rischia di rappresentare un serissimo ostacolo all’attuazione degli interventi previsti dal Pnrr. A questo si aggiunge anche la ‘campagna acquisti’ lanciata dal settore pubblico che toglierà risorse tecnico-professionali al settore privato e che certamente avrà effetti nella capacità di dare risposte ai numerosi bandi di affidamento di progettazioni che stanno per arrivare”. Per questo l’Associazione si sta attrezzando per formare anche figure diverse da inserire a supporto dei progettisti, anche se, dicono, il problema è serio e va sollevato anche in ambito universitario, perché se mancheranno i progettisti non si riuscirà a mettere in gara i lavori.
Poche abilitazioni e iscrizioni all’Albo
A preoccupare non è il numero dei laureati, quanto il trend negativo degli abilitati e degli iscritti all’Ordine per esercitare la libera professione. Nel 2019, come emerge dal documento pubblicato dal CNI (Consiglio Nazionale Ingegneri), ha conseguito l’abilitazione professionale solo il 28.8% dei laureati magistrale in Ingegneria – 27.418 laureati contro 7.906 abilitati – e di questi solo 3.500 si sono poi iscritti all’Albo. Trend negativo analogo per gli architetti e facoltà attinenti. Anche tra loro il numero degli abilitati si è dimezzato. “Comincia a emergere una scarsa attrattività per i giovani laureati – ha commentato Massimiliano Pittau, direttore Centro studi del Consiglio nazionale ingegneri – l’età media degli iscritti all’Albo è intorno ai 49 anni. Si tratta in larga parte di laureati in ingegneria civile e ambientale che da soli costituiscono il 70% degli iscritti. Sono loro gli interessati a restare nell’Albo, che consente di firmare progetti”. Mancano all’appello, quindi, proprio gli ingegneri industriali e dell’informazione, fondamentali per la transizione digitale ed ecologica.