Le vacanze estive ormai si sono concluse e alunni, genitori e docenti pensano già al prossimo anno scolastico 2019/2020. La campanella non suonerà univocamente in tutta Italia perché il primo giorno di scuola dipende dal calendario scolastico deliberato da ogni singola regione. Anche quest’anno si pone il problema, e non solo, di quanto costerà per le famiglie italiane l’acquisto di libri e materiale scolastico. Purtroppo, si preannuncia una bella stangata per i budget familiari: l’Osservatorio Nazionale Federconsumatori ha stimato una spesa complessiva di circa 1.000 euro per ogni studente per l’acquisto di materiale per il corredo scolastico e libri di testo.
Della scuola si discute ogni giorno per il semplice motivo che i problemi scolastici interessano personalmente un grande numero di persone: studenti, genitori, e non per ultimi, gli insegnanti e il personale amministrativo. Non si fa altro che parlare dell’attuale situazione delle classi “pollaio”, degli stipendi inadeguati alla media UE, delle decine di migliaia di precari in attesa di stabilizzazione e della proposta di abolizione del numero chiuso all’università. Inoltre, le problematiche interessano anche i pedagogisti e gli intellettuali, che ne discutono sui giornali e nei libri, per non parlare poi dei politici, che ne fanno oggetto di interventi e di riforme. Eppure, nonostante tutto questo discutere e intervenire, la società oggi dimostra una singolare impotenza a risolvere i “problemi della scuola“, tanto che l’istruzione sembra in una sorta di crisi perenne da cui non riesce a uscire.
La gravità della questione è data dal fatto che la scuola non vede e non riconosce quali sono i suoi veri problemi. Una delle ragioni fondamentali che spiega questa impotenza, è che i problemi della scuola non toccano la sostanza delle cose. Le ragioni profonde del disagio della scuola, ovvero i problemi veri, sono quelli che stanno alla radice della crisi storica dell’istituzione scolastica, e precisamente è la scarsa consapevolezza che la scuola si deve porre al centro di tutti i sistemi educativi, come fondamenta delle società future e contestualmente, riconoscendone il ruolo essenziale nella formazione dei cittadini di domani.
In questo momento storico, dobbiamo riconoscere che una società così costituita non si lascia dominare dalla rigidità dei quadri burocratici e dalle regolamentazioni dettagliate. La normativa della scuola, negli ultimi tempi, sta cercando di elaborare una risposta organizzata alla complessità sociale implementando l’autonomia, la democrazia, il pluralismo, la verifica costante e la capacità di autoanalisi, in modo da ottimizzare le prestazioni. Si tratta di una rivoluzione metodologica che mette in crisi i vecchi contenuti curriculari, le tecniche di trasmissione della cultura, le strategie di verifica, le certificazioni per l’ingresso nel mondo del lavoro e il ruolo professionale degli stessi operatori scolastici.
E’ per questo che, nel corso degli ultimi venti anni, l’istituzione scolastica è stata oggetto di numerose riflessioni e di molteplici riforme, soprattutto a livello dell’autonomia accordatagli (art.21 Legge del 15/03/1997, n.59 art.14) dalla quale ne deriva la ripartizione delle competenze tra le varie autorità educative. Ma nonostante tutto, anche dopo il percorso di rinnovamento, non si può che costatare che la scuola è stata sempre in ritardo rispetto al cambiamento. A questo punto, ci chiediamo se la nostra classe dirigente politica sarà mai in grado di concepire un modello scolastico organizzato, in nome della qualità e governabilità, richiamando la giusta attenzione.
Soprattutto in questo momento, in cui la situazione politica italiana attuale appare abbastanza confusa, ci tornano in mente alcune frasi di Piero Calamandrei, contenute nel discorso pronunciato al III Congresso dell’associazione a difesa della scuola nazionale nel febbraio del 1950, in cui si poneva la scuola come un organo costituzionale, vitale per la democrazia e espressione di unità, di coesione e di uguaglianza civica : “Trasformare i sudditi in cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere”.
Ora come allora, niente di più vero, è il nostro auspicio.