Di pesce fresco a tavola lungo tutto l’Adriatico se ne riparlerà a metà settembre. È scattato, infatti, il fermo pesca che si estende ora anche al tratto di costa da San Benedetto e Termoli. Dopo che la flotte di pesca dell’Adriatico avevano già interrotto le attività da Trieste ad Ancona e da Manfredonia a Bari. A sottolineare la notizia e l’effetto sui mercati è la Coldiretti Impresapesca che ricorda come il blocco delle attività durerà nel tratto tra il sud delle Marche, l’Abruzzo e il Molise fino al 16 settembre. Poi ci saranno anche altri giorni di stop ma le date saranno facoltative.
“Come lo scorso anno”, spiega Coldiretti Impresapesca, “in aggiunta ai periodi di fermo fissati i pescherecci dovranno effettuare ulteriori giorni di blocco che vanno da 7 a 17 giorni a seconda della zona di pesca e del tipo di risorsa pescata”.
SETTORE IN CRISI
La pesca e in generale le attività ittiche sono in difficoltà. Molte le cause: dalla scarsità di prodotto, alla concorrenza di attività di pesca fatte con sistemi impattanti, all’inquinamento del mare. Fino alle disposizioni europee che per il ripristino dello stock ittico impone più giorni di fermo pesca.
“Il fermo cade quest’anno in un momento difficile”, denuncia Coldiretti Impresapesca, “poiché il blocco dell’attività va a sommarsi all’aumento drastico della riduzione delle giornate di pesca imposta dalla normativa europea, per le imbarcazioni operanti a strascico. Le giornate di effettiva operatività a mare sono scese per alcuni segmenti di flotta, per i segmenti di maggiore tonnellaggio, a circa 140 all’anno, rendendo non più sostenibile l’attività di pesca considerata anche l’assenza di un efficace sistema di ammortizzatori e di valide politiche di mercato capaci di compensare le interruzioni.
> Senza la riduzione del periodo fisso di blocco delle attività almeno per l’areale Adriatico, l’apertura alla tutela differenziata di alcune specie e la possibilità per le imprese di scegliere i restanti giorni di stop, come richiesto da Coldiretti Impresapesca, l’assetto del fermo pesca 2021 non risponde ancora alle esigenze delle aziende le quali si trovano ancora costrette a concentrare un attività che deve sostenere l’impresa di pesca per 365 giorni in appena 140-170”.
DECIDERE IN AUTONOMIA
Per compensare le drastiche riduzioni di giornate di pesca, secondo la Coldiretti, il settore avrebbe bisogno di scegliere autonomamente quando operare e quando fermarsi in base alle condizioni di mercato, alle necessità di manutenzione delle barche o alle ferie del personale.
“La rigidità del fermo attuale, peraltro, continua a non rispondere alle esigenze della sostenibilità delle principali specie target della pesca nazionale”, fa presente la Confederazione, “tanto che lo stato delle risorse nei 35 anni di fermo pesca, per alcune specie, è progressivamente peggiorato, come anche parallelamente lo stato economico delle imprese e dei redditi dei lavoratori”.
CAMBIARE METODO
L’auspicio della Confederazione è che dal 2022 si possa partire con il nuovo Feampa con positive novità per mettere in campo un nuovo sistema che tenga realmente conto sia delle esigenze di riproduzione delle specie di maggiore bersaglio e delle esigenze economiche delle marinerie. Ma non basterà.
PERSO 500 MILIONI
“Alle problematiche strutturali del settore si aggiungono quelle causate dalla pandemia”, continua la Coldiretti, “con un crack da 500 milioni di euro tra produzione invenduta, crollo dei prezzi e chiusura dei ristoranti, senza dimenticare l’aggravio di costi per garantire il rispetto delle misure di distanziamento e sicurezza a bordo delle imbarcazioni. Se si considerano anche gli effetti combinati del surriscaldamento i cambiamenti climatici, delle importazioni selvagge di prodotto straniero e di una burocrazia sempre più asfissiante, il risultato”, conclude Coldiretti Impresapesca, “è la perdita nello spazio di un trentennio del 33% delle imprese e di 18 mila posti di lavoro, con la flotta ridotta ad appena 12mila unità e con una vetusta età media del naviglio di circa 36 anni”.