venerdì, 22 Novembre, 2024
Esteri

Il terrorismo ora ha uno Stato, tante armi e inaspettati alleati

Afghanistan e terrorismo sono purtroppo una endiadi.
Siamo stati  abituati per venti anni ad associare non tanto le guerre, ma il terrorismo islamico, a quella parte di territorio che ha conosciuto una mole tanto corposa, quanto ingestibile, di eventi simbolo dei contrasti della geopolitica internazionale.

 

Non è un problema di governo, di Stati, di politica. Abbiamo un governo capace e strutture militari e difensive all’altezza della situazione.

Devo invece segnalare, come tecnico, che il fronte più pericoloso che scaturisce dalla presa di Kabul è quello della realizzazione dell’obiettivo ad oggi  più ambito dal terrorismo di matrice islamica: la costituzione di un proprio Stato.

 

LO STATO TERRORISTA
Da qualche giorno, Al Quaeda e Isis, nelle loro articolazioni più strutturate, hanno assunto un ruolo di “rappresentanza”, istituzionale e nazionale. Gli elementi costitutivi della sovranità statale, secondo gli studi giuridici ci sono tutti. Uno spazio fisico sotto controllo, assoggettato alle regole (vedremo effettivamente quali) di un governo (anche se non democraticamente eletto). Un popolo, crogiuolo di razze, culture, provenienze, provvisoriamente e pericolosamente unite da opposti sentimenti: rivalsa e disperazione.

Tra i pericoli più insidiosi c’è ora quello che questo Stato crei un “welfare” per i suoi abitanti. Sopravvivenza a chi rimane, magari con regole all’apparenza non liberticide, in modo da guadagnare e stabilizzare un consenso strategico.

Senza discutere su propositi e proclami, quello che potrà accadere fuori dall’Afghanistan sarebbe probabilmente più pericoloso rispetto all’equilibrio endogeno che per forza di cose si verrà a creare.

 

ENORME DISPONIBILITÀ DI ARMI
I talebani contano ancora su una rete capillare di simpatizzanti, fondamentalisti islamici, pronti ad abbracciare volentieri ideologie destabilizzanti nei confronti di quei paesi che hanno partecipato alla presa dall’Afghanistan stesso. È stato più volte sottolineato che la Libia costituisce, al contempo, origine e foce del fiume carsico di persone e mezzi che sostentano da anni il terrorismo. Al di là del rischio profughi, si è ovviamente elevato a potenza quello dell’alleanza strategica tra le tribù, i terroristi e le mafie, anche italiane, per lucrare su vite umane e confusione nell’area di influenza tanto importante per tutte le principali potenze mondiali.

La smobilitazione forzata del già debole esercito afghano ha prodotto naturalmente disponibilità di armi e beni che verranno rivenduti o utilizzati per finanziare un nuovo espansionismo, non sappiamo quanto violento, dei gruppi terroristici più esaltati.

Strategicamente, l’instabilità di un’area potenzialmente così vasta del globo vale di per sé a costituire una minaccia per le democrazie.

Molto ci sarebbe da dire sul ruolo della Turchia, del Pakistan, di Arabia Saudita e Qatar, solo per citare alcuni degli attori in commedia. Ma limitiamoci a constatare il pericolo concreto, già brillantemente evidenziato dalla nostra intelligence e dalla nostra sicurezza, che anche l’Italia diventi bersaglio di questa nuova (purtroppo prevedibile) “pandemia terroristica”, che davvero non possiamo permetterci.

La risposta non potrà che essere globale, tornando magari a ragionare su strutture di difesa e di intelligence europee integrate, che facciano chiaramente comprendere che con il terrorismo, statuale o meno che sia, non si tratta.

 

 

 

*Prof. Avv. Ranieri Razzante
Direttore Centro Ricerca su Sicurezza e terrorismo – crstitaly.org

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