Continuano le torture animali in nome della scienza. Ma in realtà sono un fallimento e le alternative esistono

La sperimentazione animale viene largamente concepita dalla società come un’amara medicina da ingoiare in nome della ricerca e della salvaguardia della salute, propria e dei propri cari. Ma lo psichiatra Stefano Cagno ci spiega che esistono altre vie, anche più funzionali. Mentre la vivisezione è disfunzionale, come dimostrano i 195.000 defunti l’anno per l’assunzione di un farmaco, esistono metodi scientifici sostitutivi molto più efficaci
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Il dottor Stefano Cagno
Il dottor Stefano Cagno

Di fronte alla domanda se preferire la vita di un cane a quella di un figlio, un essere umano, pur col cuore stretto per la crudeltà della scelta, non ha esitazioni. Non si tratta di suprematismo di una specie su una altra, è una questione di paura per la propria sopravvivenza. Difatti, è proprio la paura il meccanismo più forte e radicato che muove scelte e azioni. Ed è sempre la paura quella che può farti accettare anche ciò che forse non vorresti accettare. E’ il caso dei cani di razza beagle, prediletti in campo sperimentale per il loro carattere docile e remissivo e per la resistenza fisica, soprattutto del loro cuore. Migliaia di questi animali vengono sottoposti ogni anno alle più disparate torture, dividendo in due la società, tra chi li vuole salvi e chi, seppur a malincuore, è disposto a sacrificarli per la ricerca farmacologica. Ma è davvero necessario il loro sacrificio?

Il dottor Stefano Cagno, psichiatra, membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione Oltre la Sperimentazione Animale, autore di libri quali “Gli animali e la ricerca” e “Lou, Buc e tutti gli altri”, ci spiega come ciò che bisogna temere sia invece la sperimentazione animale, perché pericolosa e inefficace, facendoci conoscere il valore e l’affidabilità di altre forme di sperimentazione incruente.

Per iniziare, vogliamo ricordare cosa si intende per sperimentazione animale?

La sperimentazione animale è un metodo di ricerca basato sul presupposto che i dati che si ottengono su una specie possano essere estrapolati ad altre specie. Si sperimenta sugli animali prima di sperimentare sugli esseri umani e in Italia ogni anno per questo sono uccisi circa mezzo milione di animali, soprattutto roditori, ma anche specie più evolute come scimmie e cani.

 

Lei ha dichiarato, contrariamente a quanto comunemente si creda, che la sperimentazione animale è in realtà inefficace per l’essere umano. Ci spiega perché?

Perché a priori non possiamo mai sapere se i risultati ottenuti su una specie animale possano essere sovrapponibili a quelli che si ottengono nella nostra specie. I veterinari sanno bene che a volte i farmaci che danno ai cani non possono essere dati ai gatti e viceversa. Ciò nasce dal fatto che geneticamente e a grandi linee tutte le specie animali sono strutturate alla stessa maniera, tuttavia basta la differenza di un gene che sintetizza un determinato enzima perché una sostanza diventi innocua in una specie e tossica in un’altra. È vero che noi condividiamo la maggior parte dei geni anche coi roditori, tuttavia nel DNA esistono delle sequenze di basi che hanno solo funzioni regolatorie e, quindi, fanno funzionare in maniera differente anche geni che strutturalmente sono uguali in specie differenti. La sperimentazione animale si basa su un’inaccettabile semplificazione della biologia: gli animali sono simili a noi. Ma chi, sano di mente, entrerebbe in una stanza dove c’è un gas simile all’ossigeno?

La ricerca, però, deve andare avanti. Esistono realmente vie alternative?

Chi sperimenta sugli animali afferma che non si può comprendere il funzionamento di un essere vivente sperimentando sulle colture cellulari, dimenticando che oggigiorno esistono decine di metodi che utilizzano gli enormi progressi della tecnologia avvenuti negli ultimi anni in questa direzione: cellule su chip, organi su chip, genomica, metabolomica, proteomica, bio-printing, organoidi, reti neurali artificiali, eccetera. Questi metodi sono più efficaci, perché si basano su materiale umano e, quindi, eliminiamo tutte le differenze interspecifiche. Le ricerche sui metodi sostitutivi devono però essere finanziati e, soprattutto, quando sono validati, ossia certificati come ‘affidabili’ da organismi di controllo riconosciuti a livello internazionale, devono essere gli unici che possono essere utilizzati. In caso contrario tutti continueranno a fare come hanno sempre fatto.

Ci faccia capire un po’ meglio di cosa stiamo parlando

Il bioprinting, per esempio, è una tecnologia che utilizza la stampa 3D per creare strutture biologiche, come tessuti e organi, utilizzando cellule viventi e biomateriali. Permette di sviluppare modelli in vitro più realistici per testare l’efficacia e la tossicità dei farmaci. Invece, gli organi su chip, o “Organ-on-a-chip” (OoC), sono modelli in miniatura di organi biologici, realizzati su dispositivi microfluidici, che simulano le funzioni e le risposte fisiologiche di organi interi o sistemi di organi. Questa tecnologia permette di studiare il funzionamento degli organi, testare l’efficacia e la tossicità dei farmaci e studiare le malattie in modo più preciso e personalizzato. Il più grande studio sugli “Organ-on-chip” per malattie epatiche ha dimostrato che i modelli di fegato umano su chip sono più efficaci dei modelli animali per i test di tossicità dei farmaci. Lo studio, pubblicato a fine 2022 sulla rivista “Communications Medicine”, ha verificato l’affidabilità di 870 modelli di fegato su chip. Questi hanno segnalato correttamente, nell’87% dei casi, la tossicità di farmaci che avevano causato danno epatico nei pazienti pur avendo superato i test sugli animali.

Quali sono i rischi per il futuro nel continuare a curare sulla base della sperimentazione animale?

Secondo uno studio, circa 195.000 persone ogni anno in Europa muoiono per avere assunto un farmaco. O si dimostra che i medici sono dei serial killer, oppure dobbiamo ammettere che la sperimentazione animale non è un metodo di ricerca in grado di selezionare le sostanze tossiche da quelle innocue. Il rischio, quindi, è che si continui con questa ecatombe.

Cosa altro è importante che tutti sappiano?

Ci sono molti concetti importanti che di solito la gente non conosce, ad esempio i modelli animali non sono mai stati validati, ma si chiede ai sostitutivi di essere validati, confrontando i risultati su quanto ottenuto sugli animali, appunto non validati. Per la legge si potrebbe utilizzare gli animali solo quando non esistono alternative, peccato che le alternative validate possono essere utilizzate in maniera discrezionale (non c’è un obbligo), quindi chi utilizza ancora gli animali non può dire che non ci sono alternative, ma alla fine la legge glielo consente.

Allora perché si continuano a usare gli animali nella ricerca?

Ripeto che l’utilizzo di altre metodiche rispetto alla sperimentazione animale è un’evidente contraddizione a livello legislativo. Da un lato il Decreto Legislativo n° 26 del 4 marzo 2014, che norma la materia all’articolo 1, comma 2, afferma che si possono utilizzare animali solo quando non è possibile impiegare altro metodo. Al tempo stesso non è obbligatorio utilizzare i metodi alternativi validati dall’ECVAM, ossia il Centro Europeo per la Validazione dei Metodi Alternativi, Ente pagato dalla Comunità Europea. Quindi, da un lato si afferma che si possono utilizzare gli animali solo quando non esistono alternative e da un altro si afferma che l’utilizzo delle alternative è discrezionale e chi ha sempre utilizzato animali continuerà a farlo. Nessun legislatore ha mai cercato di sanare questo vulnus.

Da dove nasce questo suo impegno perché finiscano le torture sugli animali?

Nel 1982 lessi un libro intitolato “Imperatrice nuda”, in cui erano descritti molti esperimenti compiuti sugli animali. Quel libro ebbe un enorme impatto su di me e giunsi alla conclusione che non potevamo disporre degli animali a nostro piacimento e infliggergli dolori tanto elevati. La spinta iniziale fu, quindi, etica, ma dopo essermi laureato in medicina iniziai ad approfondire il tema anche dal punto di vista scientifico giungendo alla conclusione che, tragicamente, noi infliggiamo dolore agli animali inutilmente, perché attraverso questi esperimenti non otteniamo dati che possano essere utili per la nostra specie e, quindi, di fatto provochiamo danni sia agli animali sia agli esseri umani. Se non fosse così perché per legge, dopo aver sperimentato sugli animali, bisogna sperimentare anche sugli esseri umani prima di poter commercializzare un farmaco?

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