martedì, 8 Luglio, 2025
Image default
Cultura

In 140 Paesi esiste ancora la tortura di Stato. La Libia è la peggiore

Sono passati 41 anni da quanto è stata adottata da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite la Convenzione contro la tortura, ratificata da 173 Stati. Di contro, però, esistono ancora 140 i Paesi che praticano la tortura sia come mezzo di contrasto all’insicurezza e all’instabilità politica sia per calmierare i flussi migratori, in entrata e in uscita, di chi percorre la rotta mediterranea per scappare dai propri Paesi d’origine alla ricerca di una vita migliore. Lo denuncia il Rapporto “Disumani” di Medici Senza Frontiere

Nel 1984 è stata adottata da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite la Convenzione contro la tortura (UNCAT), ratificata da 173 Stati, ma ancora oggi questa pratica disumana resta comunque diffusa a livello globale. Sono 108 i paesi in cui la tortura è un reato, come, ad esempio, in Italia dove è stato introdotto nel Codice penale nel 2017. Ma i Paesi in cui, invece, è ancora praticata sono ben 140: 31 Stati dell’Africa, 11 Stati arabi, 11 Stati dell’Asia/Pacifico, 36 Stati del Consiglio d’Europa su 46 membri, nella Federazione Russa e in 18 Stati del continente americano. La maglia nera sembrerebbe spettare proprio alla Libia, secondo quanto emerge dal Rapporto “Disumani” di Medici Senza Frontiere.

Il Rapporto “Disumani”

Nel 2020 a Palermo Medici Senza Frontiere ha dato vita a un progetto per fornire assistenza sanitaria, psicologica e legale ai migranti e rifugiati sopravvissuti a torture, in collaborazione con l’A.O.U. Policlinico “Paolo Giaccone”, il Dipartimento PROMISE, la CLEDU e l’Università degli Studi di Palermo.

Sono 160 le persone sopravvissute assistite a Palermo tra gennaio 2023 e febbraio 2025, provenienti da 20 Paesi diversi: 15,6% dal Bangladesh, 13,7% dal Gambia, 11% dalla Costa d’Avorio, 9% dal Camerun e un altro 9% dalla Nigeria. L’età media è di 25 anni e il 75% sono uomini mentre il restante 25% donne. Le forme di tortura e di trattamenti inumani e degradanti, testimoniate dai pazienti presi in esame, avvengono per il 16% nei Paesi d’origine, per l’82% nei Paesi di transito e per il 2% nei Paesi d’arrivo. E il 60% degli episodi è avvenuto in Libia.

In 131 casi è stato riferito che le torture sono state commesse per il 60,3% dai trafficanti e per il 29% da ufficiali delle forze dell’ordine. Molte volte i migranti sono considerate merce e vengono vendute o scambiate tra trafficanti o segregate e utilizzate per estorcere denaro alle famiglie in cambio della loro liberazione. Dal rapporto “Disumani”, nato da questa esperienza sul campo, emerge anche come più del 31% delle vittime abbia subìto percosse, il 15% sottoposto a forme di lavoro forzato, il 5% a prostituzione forzata (tutte donne) e il 6% ha dovuto assistere a forme di violenza e tortura su altre persone. Delle 40 pazienti donne prese in carico, l’80% riferisce di aver subìto una o più violenze sessuali e di genere.

Gli effetti delle torture

Secondo la World Medical Association (WMA) la tortura si può definire come “l’inflizione deliberata, sistematica o indiscriminata di sofferenze fisiche o mentali da parte di una o più persone, agendo da sole o per ordine di un’autorità, al fine di estorcere informazioni, ottenere una confessione o per qualsiasi altro motivo”. Alla base c’è la volontà umana di fare del male e infliggere dolore e si possono definire “tortura di Stato” la detenzione illegittima, la negazione dei bisogni umani fisiologici (acqua, cibo e sonno), la violenza e l’umiliazione sessuale e la violenza fisica e psicologica. In passato, ma in parte ancora oggi, la tortura veniva usata soprattutto in contesti di insicurezza e instabilità politica, mentre attualmente molte delle vittime di tortura sono i migranti della rotta mediterranea, che scappano dal proprio Paese d’origine nella speranza di arrivare in luoghi in grado di dar loro una vita migliore. Durante questi viaggi sono particolarmente vulnerabili e per questo maggiormente esposti a violenze e torture in grado di spezzare il fisico e la mente.

Gli effetti che queste torture e violenze hanno sulle vittime sono molteplici a livello fisico, mentale, culturale e sociale. Inevitabilmente esse maturano sfiducia per l’essere umano e questo fa sì che vivano più isolate, incapaci di costruire relazioni sociali e avere una vita personale e professionale dignitosa. I traumi portano perdita della propria identità, perché il dolore è stato in grado di rompere e modificare il proprio io interiore. Sembra tutto troppo grande, difficile da superare e da accettare. L’auspicio è che i Governi investano maggiormente in assistenza, perché riacquistino una qualche dignità e fiducia nel futuro.

 

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

La sfida per una differente cultura ambientale

Tommaso Marvasi

Artescienza, il Festival delle opere d’arte sperimentali, metà uomo e metà macchina

Rosalba Panzieri

Le modelle curvy, solo una strategia di Mercato. Il corpo slim resta il vero business

Giulia Gramoli

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.