Maschi sensibili o seduttori in incognito? Il fenomeno dei “performative male” tra estetica, femminismo e social

I “performative male” sono il nuovo trend sui social, che mostra uomini con un’estetica e un atteggiamento che abbraccia la sensibilità e la femminilità. Attraverso i contest sul miglior “maschio performativo” la tendenza in poco tempo è diventata il punto centrale di un discorso che riguarda il rapporto odierno tra uomo e donna e la crisi della mascolinità. Sono davvero sinceri o è solo una messa in scena per conquistare l’attenzione femminile?
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Borsa di tela, matcha latte in una mano e nell’altra un libro di Sylvia Plath, Sally Rooney, Joan Didion. Pantaloni denim larghi, magliette decorate, smalto sulle unghie, mocassini e cuffie, rigorosamente con i fili, con cui ascoltare Clairo, Mitski, Lana Del Rey e tante altre. Ecco la descrizione perfetta di un performative male. Ma chi sono questi ragazzi di cui si parla tanto?

Uomini che abbraciano un’estetica più sensibile, progressista e femminista per differenziarsi dal resto dei ragazzi e per attrarre le donne più moderne, ripudiando la mascolinità tossica. Molti li considerano la versione maschile e speculare delle “pick me girl”, ragazze che per attirare l’attenzione degli uomini “abbandonano” i concetti prettamente femminili e si interessano ad argomenti che sono solitamente intesi come prerogativa dell’uomo.

Con questo atteggiamento i maschi performativi sembrano dire: “guarda me, scegli me, abbiamo gli stessi interessi, siamo compatibili“. Ma tutto questo è solo apparenza, una performance per piacere o qualcosa in cui si crede e che piace davvero?

La tendenza attraverso i contest

Quello dei performative male è l’ennesimo caso di trend diffusosi alla velocità della luce che, anche se riduce la complessità del processo di ricostruzione di un’identità di gruppo, riflette le attuali dinamiche sociali tra uomo e donna.

Come ogni fenomeno che si rispetti ha avuto un’evoluzione partita dai video su TikTok, trasformatisi presto in meme e prese in giro, ma anche in contest dal vivo sul miglior performative male in diverse città dell’America del Nord, Australia, Europa e Indonesia. Ma alla fine, tra una polemica e una altra, resta solo il dubbio sulla sincerità di questi ragazzi e sulle loro reali intenzioni: lo fanno solamente perché pensano sia l’unico modo di piacere oggi a una ragazza fingendosi persone sensibili e attente?

Emblematico il caso dei contest sul miglior “maschio performativo”, che prende ispirazione dai concorsi sui sosia delle celebrità, che hanno spopolato lo scorso anno. Centinaia di ragazzi sono accorsi per mostrarsi con i loro abiti, bevande costose e libri, senza tralasciare assorbenti da dispensare a qualsiasi donna ne avesse avuto bisogno, ma al momento della gara in cui venivano poste loro domande più serie sul femminismo non sapevano rispondere. “La migliore descrizione di un maschio performativo – ha spiegato la creatrice del contest di Seattle, Lanna Rain sul “The Guardian” – è un uomo che abbraccia il femminismo, la dolcezza e un certo tipo di musica per sedurre le donne senza sapere davvero nulla di ciò che indossano o di ciò di cui parlano“.

La messa in scena della propria identità

Così questi contest diventano un vero e proprio palco dove si recita una parte non solo per vincere, ma anche per dimostrarsi diversi rispetto ad altri uomini. Tutto ciò mostra quanto sia sottile il confine tra sincerità e recitazione e quanto sia imprescindibile oggi vivere la realtà attraverso i linguaggi e i fenomeni dell’online. Ormai, il reale e il virtuale vivono intrecciati e si interscambiano linguaggi, quello che diventa virale online prima o poi arriva anche nella vita vera, che si tinge di sfumature e modi di fare che giocano sulle apparenze, per alcuni la parte più importante della persona. E proprio questo puntare ossessivamente sulle apparenze rende le persone più sospettose, propense a ricercare la verità per non lasciarsi ingannare più di quanto non faccia già la vita in generale.

Secondo J’Nae Phillips, il fondatore della newsletter Fashion Tingz, “il performative male non si concentra tanto su chi è come persona, quanto su come cura e proietta la propria mascolinità in pubblico, di solito online. È una persona profondamente consapevole che la virilità viene osservata, valutata e consumata e quindi la mette in scena”.

Tra teoria del gender, manipolazione e crisi della mascolinità

Questo fenomeno non è solo lo specchio di un mondo social, ma anche personificazione della crisi della mascolinità com’è stata sempre conosciuta e intesa. Agli antipodi degli Incel e di tutta la manosfera, i maschi performativi per molti rappresentano anche un gruppo di uomini che sta mettendo in discussione la propria identità per ricostruirne una nuova. E in un mondo in cui non ci sono più modelli maschili adatti al ruolo ecco che un gruppo di ragazzi decide di potersi aiutare costruendo un’identità che parta dal femminile.

D’altronde molti, quando analizzano i “performative male”, citano la filosofa Judith Butler, che nel suo libro “Questione di genere: Il femminismo e la sovversione dell’identità” parla di come il genere non dipenda da ciò che siamo, ma da quello che facciamo, una performance continua che con il tempo porta alla costruzione dell’identità.

Il timore è che tutto questo faccia allontanare gli uomini che si vogliano sinceramente avvicinare al femminismo, alla letteratura femminile o alla musica per paura di essere considerati come disonesti. Secondo Marcus Jernigan, vincitore della competizione che si è svolta a Seattle, questo trend identifica “uomini che abbracciano genuinamente queste estetiche, ma che sfortunatamente le vedono rubate da quei ragazzi che invece hanno secondi fini”. Quello del “rimorchio” mascherato per intenderci.

Per molti, infatti, i maschi performativi altro non sono che una versione moderna del maschio manipolatore, che nasconde tratti tossici sotto un’estetica e un atteggiamento sensibile per ingannare le donne e renderle più vulnerabili. Ciò che è reale è che in un epoca fondata sui social, che hanno semplificato i modi di pensare e vedere il mondo, riducendo tutto a categorie e trend che non possono racchiudere la complessità dell’essere umano, i “performative male” ne rappresentano, invece, tutta la natura contraddittoria.

Probabilmente quello che li rende poco credibili è l’eccessiva estremizzazione degli atteggiamenti e l’appropriazione di un qualcosa che non li appartiene, senza nemmeno provare a capirlo davvero.

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