“La voce di Hind Rajab”: il docu-film di Kaouther Ben Hania che ha sconvolto Venezia

Il dolore di un mondo intero nella voce di una bambina. Attraverso la vera registrazione della chiamata d’emergenza alla Mezzaluna Rossa, il film ricostruisce le terribili ore di attesa dei soccorsi di una bambina palestinese di cinque anni, ferita a morte dall'esercito israeliano assieme a sei familiari e due paramedici. Presentato alla Mostra del cinema di Venezia è diventato subito un caso
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29 gennaio 2024. A Ramallah, al centro della Cisgiordania, i volontari della Mezzaluna Rossa, il simbolo delle società nazionali della Croce Rossa negli Stati a maggioranza musulmana, ricevono una chiamata d’emergenza da Liyan Hamada, una quindicenne di Gaza intrappolata in macchina assieme alla cuginetta Hind Rajab. Attorno a loro i cadaveri dei genitori e di tre fratelli con i quali stavano viaggiando. Quando anche Liyan viene uccisa dal fuoco proveniente da un carro armato israeliano, è Hind, una bambina di cinque anni, ferita alla schiena e alle gambe, a prenderne il posto. Per le successive tre ore gli operatori restano in contatto telefonico con lei, mentre tentano di coordinare una missione di salvataggio e attendono il via libera di chi è al comando. Il docu-film “La voce di Hind Rajab” di Kaouther Ben Hania, in uscita in Italia il 25 settembre distribuito da I Wonder Pictures, ricostruisce quegli ultimi tragici momenti con estremo realismo, partendo proprio dalla registrazione originale della telefonata, e diventa subito un caso mediatico e di critica per la potenza con la quale racconta la crudeltà umana e la tragedia che vivono ogni giorno milioni di innocenti.

C’è un prima e un dopo la visione de “La voce di Hind Rajab

Vincitore del Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria all’82esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Kaouther Ben Hania realizza un’opera che colpisce nel profondo. In un’ora e mezza di film lo spettatore vive le ore terribili che ha vissuto quella bambina, ferita a morte e intrappolata in una macchina, nell’interminabile attesa dei volontari, testimoni impotenti di una tragedia orribile. I pianti, le preghiere, le parole di rassicurazione, i versi, i sentimenti che provano i protagonisti della vicenda arrivano al pubblico con forza, nonostante la regista decida di escludere immagini di violenza, uccisioni, spari, bombardamenti e cadaveri, lasciando alla mente dello spettatore, guidato solo dai suoni e dalle voci, il compito di immaginare quello che sta accadendo.

Un dolore che è anche il fallimento dell’umanità

La voce di Hind Rajab”, attraverso uno stile quasi documentaristico, pone sullo schermo la realtà dei fatti. Il pubblico assiste alla chiamata di una bambina impaurita, sola, che nonostante la piccolissima età è consapevole di dover morire. Si esce, così, dalla sala completamente provati. “Al centro di questo film – ha spiegato la regista – c’è qualcosa di molto semplice e, allo stesso tempo, difficile da affrontare. Non posso accettare un mondo in cui un bambino chiede aiuto e nessuno arriva. Quel dolore, quel fallimento, appartengono a tutti noi. Questa storia non riguarda solo Gaza. Parla di un dolore universale. E credo che l’invenzione narrativa (soprattutto quando trae spunto da eventi verificati, dolorosi e reali) sia lo strumento più potente del cinema. Più potente del rumore delle ultime notizie o dell’indifferenza dello scrolling. Il cinema può preservare un ricordo. Il cinema può resistere all’amnesia. Che la voce di Hind Rajab possa essere ascoltata”.

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