Alimentazione e social: chi comanda davvero a tavola

Dai panini virali al bubble tea, i social dettano nuove mode a tavola. Tra estetica, spettacolo ed esperienze condivise, il cibo diventa intrattenimento. Ma non tutto ciò che è virale è davvero sano o consigliabile
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Il potere dei social ormai si è insinuato in modo tentacolare in ogni ambito della nostra vita quotidiana, compreso quello alimentare. La forza della divulgazione orizzontale, resa possibile da questa rivoluzione digitale, ha fatto sì che sempre più persone assistano e partecipino alle nostre scelte a tavola, spesso influenzate da trend, influencer e community online. Si tratta di un marketing a bassissimo costo, capace di portare guadagni insperati a chi riesce, per casualità o per strategia, a trovarsi in hype al momento giusto.

Dai trend agli imperi

Gli esempi sarebbero tantissimi e tutti hanno un punto in comune: imprenditori che hanno compreso il potere esperienziale dei social. Pensiamo, ad esempio, all’“Antico Vinaio” del fiorentino Tommaso Mazzanti. Nato nel 1989 come piccola bottega a gestione familiare, in cui si preparavano panini con ingredienti semplici della tradizione toscana, in pochi anni si è trasformato in un impero milionario grazie a una “instagrammabilità” eccellente delle sue focacce e alla viralità dei contenuti condivisi online. Oggi conta sedi a Milano, Roma, Torino, Las Vegas, Los Angeles e New York, con file interminabili davanti a ciascuno dei suoi locali.

Altro caso emblematico è quello di Cédric Grolet, ex chef pâtissier dell’hotel a 5 stelle di Parigi Le Meurice, considerato uno dei migliori pasticcieri al mondo. I video delle sue creazioni, sempre tagliate a metà per mostrare la perfezione interna, hanno reso virali i suoi punti vendita, creando file di persone spinte tanto dalla gola quanto dal desiderio di postare il dolce più ambito di Instagram.

La viralità del cibo

Su TikTok spopolano trend legati al cibo. Il caso più famoso è quello del matcha latte, preparato con tè verde giapponese dal gusto intenso e leggermente amaro, ricco di antiossidanti. Il suo colore verde brillante lo rende perfetto per essere fotografato, motivo per cui è diventato la bevanda preferita di molte influencer, spesso associate a uno stile di vita “healthy”.

Un altro fenomeno è il bubble tea, tè freddo con perle di tapioca dolci. Nato come bevanda tradizionale asiatica, è stato reinventato con gusti, frutti e topping diversi, diventando un must della Gen Z, che lo considera una bevanda trendy, quasi identitaria, l’accessorio perfetto con cui farsi immortalare.

O ancora il caso di “Cucumber Boy”, tiktoker canadese che grazie a video di insalate home made a base di cetriolo, è riuscito a portare questo alimento quasi ad esaurimento scorte. In Islanda si è registrato un aumento del +200% delle vendite in relazione al creator.

Il pericolo nascosto tra il piacere

Non va mai, però, dimenticato che i social sono uno strumento tanto potente, quanto pericoloso se non se ne fa un uso critico e consapevole. Il confine tra spettacolo e realtà va tenuto sempre presente. Se si desidera fare dieci ore di fila per assaggiare un gelato diventato virale, va benissimo, è parte del gioco. L’importante avere sempre ben presente che ciò che è virale non è automaticamente migliore, né tantomeno consigliato. Se da un lato, infatti, i social ci permettono di scoprire nuovi locali, sapori e mode alimentari, dall’altro nascondono rischi non trascurabili.

Quando esplodono trend che promuovono stili di vita alimentari estremi, senza alcuna validità scientifica, la situazione diventa più complessa. Diete carnivore, regimi mono-alimento, fruttarianesimo o digiuni intermittenti vengono spesso presentati come soluzioni miracolose da influencer o creator privi di competenze, che mostrano il proprio corpo come “prova” a sostegno delle proprie tesi.

In questa casistica rientrano anche pericolose challenge o video di creator che mettono a rischio la propria vita, anche con finali tragici legati all’esagerato consumo di cibo in poco tempo. È il caso di Omar Palermo, noto come “YouTubo anche io”, YouTuber italiano famoso per le sue sfide alimentari, che pubblicava con continuità, durante le quali ingurgitava enormi quantità di cibo. Morto a 42 anni a causa di un infarto, è divenuto uno dei casi più emblematici della pericolosità di queste sfide legate alla spettacolarizzazione online. Altro esempio, la streamer cinese Pan Xiaoting, morta a 24 anni durante un mukbang in diretta per aver ingurgitato oltre 10 chili di cibo in un tempo limitatissimo.

Il problema è che i social vengono seguiti anche da giovanissimi o da persone fragili, che rischiano di abbracciare queste pratiche credendo di fare scelte leggere, con finalità goliardiche, se non addirittura salutari nel caso delle diete, affidandosi con fiducia ai propri idoli. In realtà rischiano di esporre la propria salute a gravi conseguenze.

Il cibo come emozione

Non mancano, poi, trend che sembrano non avere nessuna finalità di marketing, puntando piuttosto a piaceri anche “lussuriosi”. I mukbang, esplosi in Corea del Sud e diffusi in tutto il mondo, mostrano creator che mangiano rumorosamente grandi quantità di cibo davanti alla telecamera. Oppure i food porn, foto e video di piatti estremamente calorici, unti e fritti, che puntano all’eccesso e all’effetto “peccaminoso”.

Molti spettatori trovano conforto nei rumori del cibo – il masticare, lo slurp, il crunch – che possono scatenare una risposta sensoriale rilassante nota come ASMR (Autonomous Sensory Meridian Response), capace di evocare benessere e ridurre lo stress. Osservare il cibo consumato da altri offre una soddisfazione emotiva, un piacere rassicurante, che, seppur solo a livello visivo, trasmette un senso di appagamento, soprattutto per chi quei piatti, per diete o restrizioni, non può mangiarli.

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