Ogni anno milioni di visitatori affollano le acque del Mar Rosso a sud della penisola del Sinai per ammirare l’incredibile biodiversità delle splendide barriere coralline. Le località più famose per fare immersioni, o anche solo snorkeling, sono Sharm El-Sheikh, Hurghada e Marsa Alam, da cui parte la bellissima riserva naturale del Parco di Wadi El Gemal, famosa per le sue spiagge, le dune di sabbia, la ricca biodiversità, costituita da molte specie di uccelli e animali marini, ma soprattutto per i colori dei suoi coralli. Purtroppo qualcosa sta drammaticamente cambiando, naturalmente in peggio.
Le barriere coralline sono fondamentali perché offrono rifugio e nutrimento a moltissime specie di pesci e altri organismi marini. Queste barriere aiutano anche a proteggere le coste dall’erosione e dalle onde forti, contribuendo a mantenere l’equilibrio naturale della zona. Inoltre, i coralli del Mar Rosso sono un patrimonio naturale di grande valore, che attirano appassionati di immersioni da tutto il mondo. Quindi, preservare questi coralli è essenziale per la salute dell’intero ecosistema marino e per il benessere delle comunità locali, che dipendono da queste risorse. Oggi, però, chiunque si immerga nelle acque della riserva di Wadi el Gemal si imbatte in una bruttissima sorpresa: lo sbiancamento, se non lo sbriciolamento, dei coralli, un fenomeno preoccupante dovuto a una serie di fattori ambientali e, soprattutto, antropici.
Acque troppo calde per i cambiamenti climatici
L’aumento della temperatura dell’acqua causato dal cambiamento climatico è la causa principale di questo sbiancamento. Anche un aumento di soli 1-2°C può stressare i coralli, inducendoli a espellere le zooxantelle, alghe simbiotiche che forniscono nutrimento e colore. Il Mar Rosso, pur essendo naturalmente caldo, sta sperimentando temperature ancora più elevate.
Inquinamento e microplastiche
Il secondo fattore discende dall’acidificazione e dalla qualità dell’acqua. L’aumento di CO₂ atmosferica si traduce in una maggiore acidità dell’acqua marina, che ostacola la formazione dello scheletro calcareo dei coralli. Inoltre, inquinamento da scarichi urbani, microplastiche e prodotti chimici, come le creme solari, possono alterare la composizione chimica dell’acqua.
Radiazioni UV più forti
Al deterioramento concorrono anche l’irraggiamento solare e le radiazioni UV. L’eccessiva esposizione alla luce solare, soprattutto in acque poco profonde e limpide, può danneggiare le zooxantelle e contribuire allo sbiancamento.
Malattie e agenti patogeni
I Coralli indeboliti sono più vulnerabili a infezioni batteriche e malattie fungine, che possono accelerare il processo di sbiancamento.
Attività umane e turismo selvaggio
Il turismo non regolamentato, ancoraggi, immersioni e pesca eccessiva, se non addirittura con la dinamite, possono danneggiare fisicamente i coralli.
Lo sversamento della nave affondata nel Golfo di Aden
Pur se non ancora dimostrato, il disastro ambientale generato dall’affondamento nel Mar Rosso nel Golfo di Aden della nave da carico Rubymar nel febbraio 2024, colpita da missili Houthi, potrebbe aver contribuito alla accelerazione dei processi di eutrofizzazione dei coralli. La nave trasportava circa 21.000 tonnellate di fertilizzanti a base di fosfato di ammonio, che finendo in mare possono aver fortemente danneggiato l’intera biologia marina della zona, generando una crescita incontrollata di alghe che può soffocare la delicata barriera corallina.
I danni dello sviluppo costiero e le attività estrattive
Infine, la riserva di Wadi el Gemal, pur essendo protetta, può subire pressioni dallo sviluppo costiero e dalle attività estrattive nelle vicinanze. Se le condizioni non migliorano, i coralli non riescono a recuperare e muoiono, lasciando solo lo scheletro calcareo. Questo compromette l’intero ecosistema marino, riducendo la biodiversità e l’habitat per molte specie.
Gli scienziati denunciano i comportamenti scorretti già dal 2015
La condizione di forte stress della barriera corallina della zona era conosciuta da tempo. Più di un articolo scientifico ha documentato lo stato dei coralli nella riserva di Wadi el Gemal, denunciando il fenomeno dello sbiancamento e della resilienza dei coralli in quest’area del Mar Rosso. Lo studio scientifico più rilevante, dal titolo “Resilience drivers in some coral reef sites in Wadi El-Gemal marine protected area, Southern Egyptian Red Sea”, di Abdulrahman Nassar, Mohamed Ismail, Mohamed A. Abu El-Regal, pubblicato in “Egyptian Journal of Aquatic Biology & Fisheries”, nel 2021 già segnalava condizioni di forte stress della barriera, con dati raccolti tra il 2015 e il 2016. Lo studio ha valutato sei fattori di resilienza dei coralli: diversità, malattie, impatti antropici, biomassa degli erbivori, reclutamento e presenza di alghe in tre siti costieri e due siti offshore della riserva. I siti offshore (come le isole Wadi el-Gemal e Suyul) hanno mostrato una maggiore copertura corallina e minore presenza di alghe, indicando una maggiore resilienza rispetto ai siti costieri. Sono state, invece, osservate forme di stress nei coralli, tra cui malattie e segni di sbiancamento, soprattutto nei siti più esposti a impatti umani.
Le testimonianze dei sub e dei giornalisti
Oltre agli articoli di carattere scientifico sono numerose le testimonianze di giornalisti e sub, che più di recente hanno documentato lo stato della barriera corallina nella riserva di Wadi el Gemal. Tra questi vanno segnalati l’articolo di Giuseppe Ortolano dal titolo “Il Parco Nazionale Wadi el Gemal, la terra degli Ababda” comparso su “Repubblica Viaggi” dell’ 8 marzo 2024. L’articolo descrive l’esperienza di immersione e l’osservazione della barriera corallina nel Parco, sottolineando la fragilità dell’ecosistema e la necessità di un turismo sostenibile per evitare danni irreversibili.
Una raccolta di articoli pubblicati da testate come “Corriere della Sera”, “Style Piccoli”, “Io Donna”, “La Repubblica Viaggi” parlano esplicitamente di esperienze subacquee e osservazioni dirette della barriera corallina, con riferimenti a cambiamenti visibili nei colori e nella vitalità dei coralli. Ovviamente non si tratta di studi scientifici, ma testimonianze dirette di sub e giornalisti che hanno visitato l’area, documentando con video lo stato di stress dei coralli e la perdita di colore, soprattutto nelle zone di immersione adiacenti alla costa.
I comportamenti virtuosi degli abitanti dei villaggi
Un particolare interessante è rappresentato dal ruolo svolto dalle comunità locali nel monitoraggio e nella conservazione della biodiversità della zona. Le comunità locali, in particolare la tribù beduina degli Ababda, svolgono un ruolo fondamentale nella conservazione del Parco Nazionale di Wadi el Gemal. Gli Ababda vivono nel Parco da generazioni e hanno una conoscenza profonda dell’ambiente naturale. Le loro pratiche tradizionali di pastorizia, raccolta e pesca sono generalmente sostenibili e rispettose degli equilibri ecologici. Il progetto EIECP (Egyptian Italian Environmental Cooperation Project), nella sua Fase III, mira a rafforzare il legame tra risorse naturali e sostentamento delle comunità locali, che vengono coinvolte in attività come monitoraggio ambientale, educazione ecologica e gestione sostenibile del turismo
Le comunità aiutano a proteggere habitat sensibili come le mangrovie, le praterie di fanerogame marine e le barriere coralline. La loro presenza costante sul territorio funge da sistema di sorveglianza naturale contro attività illegali come pesca con dinamite o raccolta di coralli. Il coinvolgimento delle comunità locali non è solo un gesto di inclusione sociale, ma una strategia chiave per la conservazione efficace. La loro conoscenza, il legame con il territorio e la partecipazione attiva rendono la protezione del parco più resiliente e sostenibile nel tempo.