Il Gaslighting: quando la violenza non lascia lividi, ma ti ruba la realtà

In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, uno dei tre appuntamenti, insieme all’8 marzo e alla Festa della mamma, che dovrebbero ricordare l’importanza del ruolo della donna in tutte le società e di come andrebbe preservato piuttosto che combattuto e osteggiato, è giusto parlare di una delle forme più diffuse di aggressione e manipolazione psicologica perpetuati nei confronti delle proprie compagne
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Il termine Gaslighting deriva da un’opera teatrale del 1938 e dal successivo film del ‘44, arrivato in Italia con il titolo Angoscia. Nella versione cinematografica, un marito manipola in modo sistematico la moglie alterando piccoli elementi dell’ambiente circostante, come l’intensità delle luci a gas in casa, e poi negando le sue percezioni al solo scopo di farla credere pazza per impossessarsi dei suoi beni.

Da qui in psicologia, il termine Gaslighting indica una complessa e subdola forma di manipolazione mentale, che ha come obiettivo finale quello di delegittimare la vittima e renderla totalmente dipendente dal manipolatore.

Le Tecniche del manipolatore

Non si parla ovviamente di un evento singolo, ma di un processo cronico e progressivo che si sviluppa nella vittima in tre fasi chiave. La prima, è caratterizzatala da la Distorsione e la Incredulità generate dalla bugia palese del carnefice. Inizialmente, il manipolatore distorce la comunicazione e la realtà in modo sfacciato, negando eventi che la vittima sa per certo essere accaduti o dice bugie gigantesche con un tono di assoluta serietà. In altre parole si tratta di una negazione della realtà: “Non è mai successo, te lo sei immaginato,” “Non ti ho mai detto una cosa del genere,” “Hai una memoria pessima.” L’Obiettivo è instillare un primo seme del dubbio nella “preda”, che, fidandosi del partner, si chiede se non stia davvero sbagliando o ricordando male.

La seconda è la Difesa e la Confusione dopo aver subito l’attacco alla propria sensibilità. Man mano che la vittima cerca di difendere le proprie percezioni e si arrabbia, il manipolatore non solo nega i fatti, ma attacca la sua persona attraverso la svalutazione e la ridicolizzazione emotiva. Alcune frasi tipiche sono: “Stai reagendo in modo esagerato,” “Sei troppo sensibile,” “Sei sempre drammatica, non ti si può dire niente,” “Sei emotivamente instabile, dovresti farti curare.” Strategico è, cioè, spostare il focus dal fatto al sentimento. La vittima smette di discutere se l’evento sia accaduto e comincia a sentirsi sbagliata per il modo in cui ha reagito o per le sue emozioni. Questo la porta a camminare “sulle uova” per paura di scatenare ulteriori reazioni.

La terza è la Depressione e la Dipendenza di chi subisce e l’erosione dell’identità di chi manipola. In questa fase, la violenza psicologica raggiunge il culmine. La vittima, dopo mesi o anni di bombardamento della realtà, perde la fiducia nelle proprie sensazioni e nella propria capacità di giudizio. La tecnica usata dall’abusante è l’isolamento e la ristrutturazione cognitiva: il manipolatore l’ha ormai isolata da amici e familiari con la scusa che erano “gelosi” o non capivano la relazione e ha distrutto la sua autostima. La vittima finisce per credere di avere un problema e vede il Gaslighter come l’unica ancora di salvezza e l’unico in grado di “capirla” o “gestirla”

Le conseguenze psicologiche per la vittima

L’effetto a lungo termine del Gaslighting non è solo un trauma, ma un’erosione dell’identità di base, che si manifesta con la perdita di fede in sé stessi, la dipendenza emotiva, alcuni sintomi psicofisici come ansia cronica e stress generati dal vivere in un costante stato di incertezza, e il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) per la somatizzazioni fisiche che portano a insonnia, cefalee, disturbi gastrointestinali. Ma ormai il manipolatore ha costruito una realtà in cui lui è l’unica fonte di verità e valore per cui la vittima diventa totalmente dipendente dal lui per la validazione della sua esistenza.

La dinamica narcisistica sottostante. Bisogna imparare a riconoscerla

Ciò che accomuna tutte le storie di violenza psicologica esercitata sulle donne è che dietro certi comportamenti si nasconde una vera e propria psicopatologia del proprio compagno, un disturbo di personalità che bisogna imparare a riconoscere fin dalle sue prime manifestazioni. Nella fattispecie, il Gaslighting è tipico di individui che presentano tratti di narcisismo patologico o disturbi di personalità antisociali. Per questi profili la manipolazione è un mezzo per mantenere il controllo assoluto e nutrire l’ego, la cosiddetta “fornitura narcisistica”. L’incapacità di accettare critiche o disaccordo li spinge a eliminare ogni punto di vista alternativo, compreso quello del partner e vedere la vittima confusa, dipendente e inerme rafforza il senso di dominio e grandiosità del manipolatore.

La fuoriuscita da una relazione di Gaslighting è possibile nella maggior parte dei casi solo attraverso un lavoro terapeutico intensivo per ripristinare la fiducia nel proprio giudizio, separando la realtà oggettiva dalla realtà imposta dal proprio aguzzino.

Cristina Calzecchi Onesti

Cristina Calzecchi Onesti

Giornalista ed esperta di comunicazione aziendale. Dopo esperienze in tutta la comunicazione, dagli uffici stampa alle Relazioni esterne, ai Rapporti istituzionali, per quasi dieci è stata assistente parlamentare, portavoce e spin doctor alla Camera e al Senato. Da sempre si occupa di politica, sociale, diritti civili e ambiente.

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