
La dottoressa Valeria D’Ovidio è dirigente medico e coordinatore della UOSD di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva presso l’Ospedale Sant’Eugenio in Roma. E’ stata membro della SIGE (Società Italiana di Gastroenterologia) ed è membro della SIED (Società Italiana di Endoscopia Digestiva). Ha partecipato in qualità di relatore a numerosi congressi in Italia ed all’estero. Professionista conosciuta, stimata ed attivissima in ambito di prevenzione, la incontriamo perché sta organizzando un evento proprio presso l’Ospedale S. Eugenio in calendario per il 14 febbraio 2026, nel mese della prevenzione del cancro del colon-retto. Iniziamo pertanto a segnarci la
data. Il titolo: “CANCRO del COLON-RETTO: dallo SCREENING alla SPERIMENTAZIONE SCIENTIFICA… WHAT’S NEXT ?
L’Italia ha attivi programmi di screening gratuito per la popolazione tra i 50 e i 69 anni, è corretto? Secondo lei, quali sono ancora gli ostacoli principali alla partecipazione e come si possono superare?
I programmi ci sono ed uno dei problemi enormi che si incontrano è proprio quello della adesione a tali programmi. Eppure ci sono tutti i presupposti affinché l’adesione sia vincente; è un esame gratuito, eseguito in modo capillare nella ASL di appartenenza, quindi non bisogna neanche spostarsi in un’altra zona della città. La paura è legata al pregiudizio di dover poi eseguire un esame considerato invasivo ed inutile in condizioni di apparente benessere. Le barriere quindi sono di tipo psicologico, logistico organizzativo e di rapporto con il sistema sanitario. Si potrebbe intanto semplificare i moduli per le adesioni e renderli ancora più comprensibili agli utenti. E questo si sta già facendo. Ma soprattutto, per diffondere maggiormente una corretta informazione, andrebbero coinvolti i canali social media televisivi e radiofonici, utilizzando magari dei testimonial influenti e sopratutto rassicuranti. Inoltre, bisognerebbe promuovere il più possibile il coinvolgimento dei medici di medicina generale che hanno un rapporto diretto e fiduciario con il paziente. È necessario rompere un muro che ancora esiste, purtroppo, e pensare ad escogitare più soluzioni per affrontare il problema.
Lei si occupa quotidianamente non solo di tumori, ma anche di patologie croniche intestinali come la malattia di Crohn e la rettocolite ulcerosa. In che modo queste condizioni possono influire sul rischio di sviluppare un tumore del colon?
Queste malattie, come dice il termine, sono malattie croniche, e sono associate anche ad una infiammazione cronica che nel tempo, associata anche ad altri fattori di rischio come la estensione di malattia (cioè quanta porzione di colon è coinvolta dalla malattia stessa), può aumentare il rischio della insorgenza del cancro del colon-retto. Un altro fattore di rischio è la presenza di colangite sclerosante primitiva, spesso associata a colite ulcerosa. La presenza di più fattori di rischio convolti implica la necessità di controlli endoscopici più frequenti.
La ricerca scientifica sta aprendo nuove prospettive, ad esempio con l’uso dell’intelligenza artificiale in endoscopia per il riconoscimento precoce delle lesioni. Quanto è vicino questo futuro nella pratica clinica quotidiana?
Quel futuro è già qui. Le moderne strumentazioni offrono già oggi la possibilità di analizzare le immagini che vediamo, e suggerire la presenza di un polipo. Addirittura suggerire i polipi che possono essere più a rischio di nascondere al loro interno cellule tumorali.



