C’è una teoria sostenuta dai media e dal mondo della moda chiamata “ciclo dei 30 anni” o “nostalgia loop”. Secondo questo schema dopo circa tre decenni ognuno di noi tende a rivalutare e idealizzare l’epoca della propria infanzia. Con il passare del tempo la vita adulta ci mette di fronte a responsabilità, stress e incertezze. E così, il passato, filtrato da una memoria selettiva, che ne conserva solo gli aspetti più dolci, diventa un rifugio emotivo. Una comfort zone in technicolor. Ed è qui che entra in gioco il marketing, sempre pronto a intercettare i desideri del pubblico, riproponendo, con un pizzico di modernità, tutto ciò che ci faceva brillare gli occhi quando avevamo dieci anni.
Il boom del vintage: tra giocattoli, gelati e figurine cult
Basta fare un giro su eBay per capire quanto la nostalgia possa a volte essere redditizia. I giocattoli cult degli Anni ’90, ad esempio, vengono rivenduti a cifre da capogiro. E a comprarli sono naturalmente i Millennial, quelli che da piccoli sognavano Emilio, il robot parlante, ma che non lo hanno mai ricevuto per Natale. Oggi, con un potere d’acquisto finalmente più solido, quegli stessi adulti realizzano i desideri rimasti in sospeso, spesso sotto forma di rivalsa affettiva.
Lo stesso vale per le carte Pokémon, diventate oggetti da collezione ambitissimi. Alcune raggiungono quotazioni da capogiro seppur semplici figurine che, a guardarle oggi, sembrano poco più che pezzi di cartone, ma che racchiudono un mondo di emozioni. E le aziende, ovviamente, non stanno a guardare. Tamagotchi, Polly Pocket, My Little Pony, Cicciobello, tutti grandi classici riproposti in versioni leggermente aggiornate, ma fedeli all’originale. L’identità resta intatta e con essa il potere evocativo.
Anche il cibo segue questa scia amarcord. Memorabile, nel 2014, fu il ritorno del Winner Taco, un gelato cult degli Anni ’90, ritirato dal commercio e poi rilanciato su richiesta popolare via social. Un’operazione nostalgia perfettamente riuscita, anche se molti trovarono che il sapore non fosse più “quello di una volta”. Ma forse, più che il gusto, era il ricordo ad avere un sapore diverso.
Musica, serie TV e cultura pop: il passato che non passa mai
Nella musica il revival è ovunque. Tanti artisti contemporanei attingono a piene mani dagli Anni ’90: remixano, campionano, citano. Dua Lipa ha persino intitolato un album Future Nostalgia, un omaggio dichiarato. In Italia, Fedez e Il Pagante flirtano spesso con sonorità e riferimenti visivi di quel decennio. All’estero, David Guetta e Doechii non sono da meno.
Anche nei locali le serate a tema Anni ’90 spopolano. Ne è un esempio il clamoroso ritorno di Paola Chiara, due icone pop rinate grazie alla spinta del pubblico nostalgico, che le ha riportate sotto i riflettori e nei palinsesti musicali. I social, poi, fanno il resto. Pagine dedicate agli Anni ’90 raccolgono centinaia di migliaia di follower, pubblicano spot pubblicitari vintage, pupazzetti delle merendine, profumi trovati nei giornaletti. Il passato non è mai stato così postabile.
E il cinema? Le serie TV? Stesso discorso. La serie “Stranger Things” è diventata un caso mondiale anche per la sua perfetta ricostruzione storica, mentre in Italia il film “Hanno ucciso l’uomo ragno” ha riportato al centro la storia degli 883, mescolando musica e nostalgia in un racconto emozionante. E chi potrebbe dimenticare il karaoke di Fiorello o le notti con Albertino al Festivalbar? Scene che oggi ritornano nei meme, nei reel e nei cuori.
Un tuffo nel passato per affrontare il presente
Se passassimo in rassegna ogni settore — moda, musica, cibo, intrattenimento — il verdetto sarebbe chiaro: la nostalgia vende. Ma non è solo marketing. È anche un bisogno emotivo, quasi terapeutico. Tornare agli Anni ’90 è, per molti, un modo per recuperare un senso di leggerezza in un mondo diventato complesso, veloce, instabile. È un rifugio, un porto sicuro. E anche se quei tempi non erano perfetti, oggi ci sembrano un piccolo paradiso perduto. E in un mondo che cambia alla velocità della luce, tra guerre, tensioni internazionali e piccoli grandi problemi quotidiani che siamo chiamati tutti ogni giorno ad affrontare, perché non concedersi, ogni tanto, un tuffo nei ricordi se questo ci concede un po’ di agognata e illusoria felicità?
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