Sono le piccole e medie imprese il principale bersaglio delle verifiche fiscali dell’Agenzia delle Entrate nel 2024. Su un totale di 189.578 accertamenti ordinari condotti lo scorso anno, ben 81.027 – pari al 43% – hanno riguardato proprio le pmi. Secondo il report elaborato dal Centro studi di Unimpresa, le imprese di piccola dimensione sono state oggetto di 73.056 verifiche (38,5% del totale), mentre quelle medie hanno subito 7.971 controlli (4,2%). Un dato che assume un peso ancora maggiore se si considera la maggiore imposta accertata: oltre 9 miliardi di euro, il 63,9% dei 14,2 miliardi complessivi.
Molto più contenuto, invece, il numero di controlli sui grandi contribuenti: 1.677 in tutto, appena lo 0,9% del totale. Un divario che, secondo Unimpresa, riapre il dibattito sulla distribuzione degli sforzi di contrasto all’evasione e sulla pressione differenziata per dimensione d’impresa.
“I numeri confermano, ancora una volta, che le piccole e medie imprese italiane restano il bersaglio privilegiato del fisco” afferma il consigliere nazionale Marco Salustri. “È l’ennesima dimostrazione di un accanimento selettivo e miope, che penalizza il tessuto produttivo più fragile e vitale del nostro Paese. Colpire le pmi è facile: sono più esposte, meno attrezzate sul piano legale e più vulnerabili sul fronte finanziario”. Un approccio che, secondo Salustri, non produrrebbe né giustizia fiscale né maggiore efficienza nella riscossione, ma piuttosto sfiducia e ostilità verso le istituzioni.
Unimpresa rilancia così la richiesta di una riforma “equa e coraggiosa” del sistema di accertamento. “Servono criteri proporzionali, più attenzione ai grandi patrimoni e strumenti premiali per chi si mette in regola. Basta con le logiche punitive a senso unico: il fisco deve accompagnare lo sviluppo, non ostacolarlo”, conclude Salustri.
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