giovedì, 28 Marzo, 2024
Crea Valore

Livolsi: Più equity meno debito. Evitare aiuti a pioggia, sostenere l’innovazione

Torna oggi la rubrica quindicinale “Crea Valore”. Alle nostre domande risponde Ubaldo Livolsi, che per esperienza professionale, conoscenza dei mercati nazionali e internazionali, è una guida sicura per comprendere le evoluzioni finanziarie e socio politiche.
Oggi Livolsi affronta  le criticità finanziarie delle piccole e medie imprese sovraesposte economicamente, i rischi di crisi di liquidità e suggerisce al Governo di sostenere le imprese che dimostrano di essere capaci di innovarsi e competere.

Professor Livolsi, molte imprese sono troppo piccole per resistere da sole e garantirsi continuità nel futuro contesto di crisi post coronavirus. Qual è la Sua opinione?
“È evidente che siamo di fronte a uno stravolgimento del nostro sistema sia imprenditoriale sia finanziario. La pandemia sta cambiando profondamente i comportamenti delle persone e i relativi consumi. Tutto il complesso produttivo dovrà mutare. La strada da percorrere, non solo per ripartire, ma per crescere, è quella degli investimenti nell’economia: più precisamente in quella sostenibile, nell’industria 4.0, nella digitalizzazione delle imprese e della pubblica amministrazione. Sono gli obiettivi – oltre alla inclusione sociale – che si è data l’Unione europea, come ricorda spesso la presidente della Commissione Ursula von der Leyen.

Questo sarà il benchmark con cui dovranno essere utilizzati i fondi del Next Generation EU (209 miliardi per l’Italia). È naturale che le piccole imprese si sentano più smarrite di fronte alle scelte da intraprendere, anche perché spesso prive di un management lungimirante. Pensiamo al retail, al turismo, all’abbigliamento, ai ristoratori. È necessario aiutare questi imprenditori, anche con campagne pubblicitarie e/o formative, a fare un salto di paradigma e mentale. Le imprese minori dovrebbero investire per esempio nel management, in tecnologia, nel marketing e nella promozione digitale, e soprattutto avere una chiara visione della propria situazione finanziaria, presente e futura”.

A breve le piccole imprese dovranno fare i conti con la forte e improvvisa crisi di liquidità. Con fatturati fortemente ridotti non riusciranno a continuare ad operare senza una immissione di denaro. Inoltre,  riorganizzare velocemente la propria operatività, ristrutturarsi e potenziarsi finanziariamente e patrimonialmente per recuperare o mantenere competitività nel nuovo contesto della crisi economica post Covid per molte aziende sarà quasi impossibile ed è necessario che le imprese utilizzino soluzioni di finanza straordinaria e alternativa proveniente da fondi di Private Equity e Private Debt, attraverso i quali potranno reperire capitale paziente da impiegare per sostenere piani di recovery, di ristrutturazione del debito bancario o di riorganizzazione aziendale; espandere il capitale circolante per rafforzare la struttura finanziaria dell’impresa…
“Sicuramente c’è da realizzare un grandissimo lavoro per sistemare l’impalcatura finanziaria di aziende, che non sono abituate a compiere scelte innovative finanziarie per sostenere il business del capitale circolante. Da un lato servono investimenti in tecnologie e in risorse  umane, dall’altro un puntuale conoscenza degli strumenti finanziari, anche dei più recenti e innovativi. Molte piccole organizzazioni a causa dell’emergenza sanitaria hanno il problema degli inventari e sono a corto di liquidità. Bisogna pensare a forme moderne del credito come il finanziamento rotativo dei magazzini o il ricorso a piattaforme Fintech, che possono aiutare in questo genere di operazioni tramite una gestione flessibile del credito. Anche nel caso delle piccole organizzazioni sarebbe necessaria una mentalità che guardi più all’Equity che al debito.
Esistono già fondi che consentono di investire nel capitale delle società quotate, ma da tempo noi proponiamo fondi di tagli minori per le piccole imprese. Non si dimentichi anche il tema delle M&A – Merger & Acquisition (fusioni e acquisizioni). Pensiamo al settore alberghiero, in Italia storicamente in alquanta parte a conduzione familiare, che rischia di essere fagocitato dalle grandi catene alberghiere estere a gestione industriale. In attesa della riforma del comparto del turismo nel nostro Paese, si può pensare a reti tra albergatori, magari trovando i finanziamenti in una ridefinizione delle società che separino l’attività gestionale da quella relativa agli immobili, spesso di proprietà”.

Cosa pensa dell’azione del Governo?
“Come detto, serve un cambio di mentalità, gestionale del business, ma soprattutto di nuove soluzioni finanziarie in un momento drammatico come questo della pandemia. La politica dei ristori finora pratica dal Governo, seppure in certi termini e in alcune parti condivisibile in un’ottica puramente emergenziale per la gravità del momento, non è educativa. Lo Stato deve distinguere tra chi ha capacità, chi ha un futuro, e lo dimostra magari presentando un piano imprenditoriale, da chi non ha capacità. I ristori a pioggia sono un fuoco di paglia e la negazione del merito e dello spirito imprenditoriale. Come nel caso della gestione dei fondi del Next Generation EU il Governo dovrebbe scommettere sulle nostre eccellenze produttive, sui gioielli del made in Italy riconosciuti in tutto il mondo, per cui anche nel caso delle piccole imprese la scelta andrebbe fatta a vantaggio delle migliori, che possano garantire crescita ed occupazione non soltanto nel breve ma anche nel medio periodo”.

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