giovedì, 25 Aprile, 2024
Sotto una buona stella

Il Cambiamento

Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare

(Winston Churchill)

Non è la più forte delle specie che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti

(Charles Darwin)

Cambiare è stato il verbo e il sogno cui si è ricorsi maggiormente nei difficili e lunghi mesi di lockdown, un termine prospettico per sapere di avere qualcosa verso cui tendere nel caos improvviso scatenato da Covid 19 e nella confusione emotiva generata dall’isolamento nelle proprie case.  

Ed eccoci giunti alla fase 3: siamo cambiati? Abbiamo ancora intenzione di cambiare? Stiamo attuando le azioni concrete che ci porteranno al cambiamento tanto auspicato? 

Per rispondere è bene fare un passo indietro e innanzitutto cercare di comprendere cosa significhi cambiare. 

Cambiare è un verbo curioso: con l’ausiliare avere significa mettere una persona o una cosa al posto di un’altra, prendere una cosa al posto di un’altra ma con l’ausiliare essere significa modificarsi, trasformarsi, diventare diverso. Attraverso un ausiliare l’ontologia di un cambiamento che può limitarsi ad una sostituzione di “elementi”, nella consueta tipologia gattopardiana, o  corrispondere ad una vera trasformazione radicale che spinge fuori dalle nostre comfort zone e ci da il coraggio e la voglia di essere noi i primi attori del cambiamento, senza attendere che dall’alto qualcosa arrivi.

Quale cambiamento vogliamo e vogliamo essere per il nostro Paese? 

Abbiamo bisogno di “gambe”, per portare avanti il cambiamento, che si chiamano coraggio e idee.

Il coraggio di mettere da parte l’interesse personale per spingerci a fare impresa consorziandoci, mettendo a fattor comune esperienze e competenze, il coraggio di abbandonare la politica dei veti che rallentano la ripresa e la possibilità di accedere a fondi che servono subito all’Italia, il coraggio di accettare che ora il Paese ha bisogno di stabilità e non di “balletti elettorali” perché vive nella più bieca crisi dalla Seconda Guerra Mondiale. Il coraggio da parte di maggioranza e opposizione, pur nel rispetto di ruoli e attribuzioni, di lavorare insieme alla ricostruzione perché decine di migliaia di nuovi poveri, posti di lavoro persi, famiglie che piangono i loro cari, non hanno colorazione politica ma sono un monito morale a ricordare che Istituzioni e Politica devono e possono ancora rappresentare un esempio di unità e responsabilità. Il coraggio da parte dei singoli, cittadini, imprenditori, professionisti, famiglie, di sapere che uscire dalla crisi e la ripresa economica sono responsabilità anche nostre e della nostra voglia di trarre dalla pandemia la possibilità di fare meglio e più di prima. 

E dalla possibilità di cambiare paradigmi contorti e mal funzionanti, che tolleriamo solo perché  siamo abituati ad essi da troppo tempo, deriva il bisogno di idee capaci di superare una stagione, magari addirittura con l’ambizione di sopravvivere a coloro che le hanno generate, per trasformarsi in benefici di cui potranno godere le generazioni che ci seguiranno.  Idee generose, puntuali, programmatiche che non soffrano della fretta disordinata di voler segnare un punto nello spendere soldi che ancora devono arrivare o che rifiutiamo di prendere.

Verranno a mancarci dunque le idee buone sulla via del cambiamento?

Forse no, se sapremo ascoltare tutte le voci di cui è ricco il nostro Paese, piuttosto che le solite voci note. Covid – 19 ha reso, mai come prima, evidente il bisogno di poter rappresentare, e di farlo correttamente, gli interessi particolari di ogni categoria profit e non profit, fornendo così alla politica, cui spetta la decisione finale, elementi di ricchezza e completezza.

Questa breve rubrica nasce oggi con l’intento di ragionare insieme su istituzioni, relazioni con esse e rappresentanza degli interessi e il nome che le è stato attribuito è monito a ricordare che la nostra prima buona stella per il cambiamento siamo noi stessi con la nostra volontà di continuare a cercare il buono, il bello e il giusto.

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