Il messaggio di quasi due ore di Vladimir Putin all’Assemblea federale, tanto atteso in Russia e in Occidente, è stato in gran parte insignificante, ad eccezione di un annuncio: Mosca “sospende la partecipazione” al Trattato di riduzione delle armi offensive strategiche, noto come START III (Strategic Arms Reduction Treaty-3).
START III è l’ultimo accordo che, in qualche modo, ha controllato la “corsa agli armamenti” tra la Federazione Russa e gli Stati Uniti.
La decisione di Putin di metterlo in “pausa” non è così inaspettata. Nell’ultimo anno, la parte russa ha fatto di tutto per smantellare definitivamente l’architettura della sicurezza internazionale, creata dopo la fine della Guerra Fredda. Sebbene la “sospensione” di START III, fino al 21 febbraio 2023, non sembrasse un’opzione possibile, vi erano già stati chiari segnali che una possibile ulteriore proroga dell’accordo fosse piuttosto improbabile. Con l’attuale regime al Cremlino, si può dire che tali possibilità fossero pari a zero.
Il trattato, firmato da Barack Obama e Dmitry Medvedev nel lontano 2010, prevedeva di limitare a 1.550 il numero di testate nucleari strategiche dispiegate, ossia progettate per colpire il territorio statunitense con l’ausilio di vettori russi e viceversa, a 800 le unità di lancio e a non più di 700 le cariche per testate nucleari dispiegate (missili balistici intercontinentali, bombardieri strategici, sottomarini).
Un’altra importante disposizione di START III riguarda i meccanismi di ispezione reciproca degli arsenali nucleari di Stati Uniti e Russia. L’accordo prevede fino a 18 ispezioni all’anno; ispezioni separate per i supporti strategici non distribuiti; scambi regolari (due volte all’anno) di dati sul numero di armi; scambio di informazioni telemetriche sui lanci di missili, e molto altro. Tutto questo è oggetto del controllo da parte della Commissione consultiva bilaterale, che deve riunirsi almeno due volte l’anno.
Sotto l’amministrazione di Donald Trump, START III venne esteso anche alle armi nucleari tattiche, dove la Russia conserva un vantaggio significativo. Gli Stati Uniti cercarono anche di concludere un nuovo accordo che coinvolgesse la Cina, che negli ultimi anni ha costruito molto attivamente il proprio arsenale. Questo aspetto è tutt’ora attenzionato dall’amministrazione Biden.
Non è possibile sapere quale avrebbe potuto essere il destino di START III se Trump avesse vinto le elezioni del 2020, ma il dato certo è che Biden e Putin, all’ultimo momento (l’accordo sarebbe scaduto a febbraio 2021), hanno concordato di prorogare di cinque anni la durata dell’accordo.
Due eventi hanno inciso significativamente sulla mancata attuazione di START III. Dapprima, la pandemia di coronavirus, che ha causato la sospensione delle ispezioni e delle riunioni della Commissione consultiva bilaterale, e, più recentemente, la guerra di aggressione su larga scala della Russia contro l’Ucraina.
Inoltre, la Federazione Russa, nel giugno 2022, ha rifiutato di consentire l’accesso agli ispettori statunitensi e, nel novembre 2022, ha interrotto una riunione precedentemente concordata della Commissione consultiva bilaterale. C’è di più: quando Washington ha accusato direttamente Mosca di aver violato lo START III, il Ministero degli Esteri russo ha lasciato intendere che l’accordo avrebbe potuto non essere prorogato dopo il 2026.
Il 21 febbraio 2023, l’ultimo capitolo di questa complicata vicenda: Putin ha annunciato la “sospensione” dell’accordo.
La parola “sospensione” va messa tassativamente tra virgolette, perché il testo di START III prevede esclusivamente la possibilità di recedere dall’accordo se una delle parti “decide che eventi straordinari relativi all’oggetto dell’accordo hanno reso difficile la realizzazione dei suoi interessi predominanti” e non di sospenderne l’attuazione.
In altre parole, le azioni della Federazione Russa sono un passo esclusivamente politico. Ciò è ancora più evidente se prestiamo attenzione al contesto più ampio dell’annuncio del presidente russo.
Nello spiegare la decisione di sospendere START III, Putin ha mescolato diversi argomenti vagamente collegati. In primo luogo, ha menzionato i presunti tentativi dell’Ucraina di ottenere armi nucleari (Non c’è alcun motivo per spendere parole, circa la dimensione disinformativa di tali affermazioni). Successivamente, ha argomentato la “sospensione” per effetto dell’indignazione determinata dal sostegno militare a Kiev da parte degli Stati Uniti. Quindi ha menzionato lo sviluppo del potenziale nucleare di Francia e Gran Bretagna, quali membri della NATO. Questo ultimo aspetto è particolarmente interessante perché, nelle discussioni precedenti, proprio la Russia aveva proposto di includere questi due Paesi nel trattato START aggiornato, sebbene non fossero collegati all’attuale START III.
D’altro canto, il tintinnio delle testate nucleari è stato utilizzato dalla Russia nell’ultimo anno in una innumerevole varietà di forme. All’inizio si trattava di portare le forze di deterrenza nucleare in prontezza al combattimento. Successivamente, attraverso il sequestro della Centrale nucleare di Zaporizhzhia, che è apertamente utilizzata come base militare dai russi. Più volte, nel corso di questo ultimo anno, vari esponenti dell’élite russa hanno accennato, in modo diretto, al possibile utilizzo di armi nucleari.
È in questo contesto che la Russia utilizza, infatti, l’ultimo argomento “nucleare” possibile, se si escludono, ovviamente, i test nucleari e l’uso diretto di armi nucleari.
Ma le conseguenze a lungo termine della “sospensione” di START III sono di natura più globale. Se l’attuale situazione dovesse permanere, si aprirebbe la strada a una corsa incontrollata agli armamenti nucleari, visto che i due Paesi sottoscrittori possiedono il 90% dell’arsenale nucleare e non avrebbero più alcuna restrizione ad un suo ulteriore accrescimento.
Vi sono poi anche altre situazioni che meritano attenzione. Secondo informazioni informali, nonostante la presenza degli ispettori dell’AIEA, l’Iran è riuscito ad arricchire l’uranio all’84%, molto vicino al limite del 90% necessario per creare le proprie armi nucleari.
Parallelamente, anche la Corea del Nord potrebbe prepararsi per un numero senza precedenti di lanci missilistici.
Il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg ha così commentato la scelta di Mosca: “La decisione odierna relativa al trattato ha distrutto l’intera architettura del controllo degli armamenti. Esorto vivamente la Russia a riconsiderare la sua decisione e a rispettare gli accordi esistenti”.
Gli Stati Uniti, dal canto loro, pur definendo il passo di Putin “sfortunato e irresponsabile”, hanno dichiarato apertura al dialogo. “Siamo ancora pronti a parlare di limitare le armi strategiche con la Russia in qualsiasi momento, indipendentemente da cos’altro sta accadendo nel mondo o nelle nostre relazioni”, ha sottolineato il Segretario di Stato americano Anthony Blinken.