venerdì, 29 Marzo, 2024
"Direttore ti scrivo..."

La crisi irreversibile dei partiti

Caro Direttore,
L’ultimo editorialista, che è anche un politologo bravo e di grande obbiettività, che ha scritto senza pietà sulla crisi del nostro sistema dei partiti è stato su “Il Corriere della Sera” di qualche giorno fa Ernesto Galli della Loggia.
“I partiti che oggi calcano la scena italiana sono perlopiù dei gusci vuoti, quasi delle pure sigle. Naturalmente non tutti e dappertutto allo stesso modo né tutti in un’identica misura: ma la sostanza è questa. Non ce n’é uno che abbia una visione del futuro del Paese, la minima idea di che cosa debba essere e a che possa possa servire l’Italia. I loro programmi consistono al massimo in vahge enunciazioni di una sfilza di cose da fare. Sempre buttate giù alla bell’e meglio, senza alcuna priorità, senza indicazioni di fattibilità, di tempi, di costi. Nella loro vaghezza le richieste programmatiche dei vari partiti tendono cosi ad apparire (ed essere) pressoché tutte eguali e tutte inservibili”.
Ed ha proprio ragione a non mostrare alcuna benevolenza nei confronti di una classe dirigente politica che appare del tutto inadeguata rispetto ad una fase storica cosi straordinaria e di emergenza.
Ma anche sul tuo quotidiano, caro Direttore, sullo stesso argomento era intervenuto Federico Tedeschini con un articolo di qualche giorno fa: “I partiti politici visiti da un extraterrestre”, proponendo ai tuoi lettori, per affrontare adeguatamente e con cognizione di causa questo problema, la lettura di tre libri che hanno visto la luce recentemente quello di Piero Meucci, “Ettore Bernabei e il primato della politica”, Venezia, 2021; quello dell’amico Gianfranco Rotondi, “La Variante DC”, Milano, 2021 ed il terzo di Roberto Alesse, “Il declino del potere pubblico in Italia”, Soveria Mannelli, 2021.
In particolare il saggio di Alesse, nel domandarsi “Come salvare la classe dirigente nell’era della globalizzazione e delle pandemie”, sembra attribuire il declino del sistema politico e della classe dirigente che né l’espressione alla crisi del sistema stesso dei partiti – scrive Tedeschini – e vuol concludere auspicando la creazione di un nuovo modello di Governance capace di selezionare una rappresentanza parlamentare e di governo più adeguata rispetto alla complessità dei tempi che viviamo”.
E, concludeva Tedeschini, “Tutti e tre gli Autori sembrano però concordare su un punto: viviamo in un’epoca di transizione rispetto alla quale occorre fare ogni sforzo per ottenerne il superamento nel più breve tempo possibile”.
– Del resto se “uno vale uno” e se il fondatore di un movimento, tra le varie proposte strampalate, sostiene che si possono scegliere i parlamentari, tirando a sorte, il risultato finale non può che offrire lo spettacolo che abbiamo sotto gli occhi.
– Un tempo nei partiti seri c’erano le scuole di formazione, si seguiva un “corsus honorum” che partiva dalle organizzazioni giovanili e dalle attività più umili (si iniziava, ad esempio, attaccando i manifesti con la colla fatta di farina e si era addetti a stampare giornaletti con i vecchi ciclostili).
In Italia la scuola di partito storica e più nota era sicuramente quella del Pci, l’Istituto di studi comunisti (meglio conosciuto come Scuola delle Frattocchie, località in provincia di Roma), fondata nell’ottobre del 1944, nel 1955 divenne “Istituto di studi comunisti”, e, dal gennaio 1973, “Istituto di studi comunisti Palmiro Togliatti”. La scuola cessò le attività nel 1993, fu riaperta nel 2016 per un breve periodo dal Partito democratico.
– Durata breve ebbe la “Summer School” di veltroniana memoria, che si teneva a Cortona, mentre di iniziativa più lobbistica e associazionistica si parla per la scuola politica ideata da Enrico Letta, che si tiene a Roma nella sede dell’Arel, la fondazione nata nel 1976 da un’intuizione di Nino Andreatta.
Con la scissione dal Pd, la Summer School voluta da Matteo Renzi diventa “Futura” di Italia Viva.
– Per la Democrazia Cristiana, ad iniziativa di De Gasperi, agli inizi degli anni cinquanta partirono le Olimpiadi della gioventù, ma fu Amintore Fanfani a lanciare il progetto di irrobustire la struttura organizzativa e l’Ufficio formazione della classe dirigente cattolica, in una scuola di formazione denominata “Camilluccia”, dal nome della via in cui sorgeva. Accanto a questa iniziativa si organizzavano convegni e seminari a Camaldoli, che aveva visto la redazione del “Codice”, che recava lo stesso nome, nel 1943 ad iniziativa di intellettuali cattolici.
– Annualmente poi venivano organizzati seminari e convegni da parte delle varie correnti interne (i corsi fatti a Saint Vincent da Donat Cattin, ad esempio, aperti però a tutta la DC). Importante fu il ruolo svolto dall’Istituto Sturzo, il cui presidente fu lo storico Gabriele De Rosa.
Il Msi non ha mai avuto una vera e propria scuola politica, ma formava e selezionava la sua futura classe dirigente attraverso seminari e campi estivi gestiti dalle sue organizzazioni giovanili, il Raggruppamento Giovanile Studenti e Lavoratori, la Giovane Italia, il Fuan, il Fronte degli universitari.
– Ma poi vi erano vere e proprie Accademie come l’Ispes, l’Istituto di Studi Politici ed economici, guidato da Nino Tripodi, i cui insegnanti erano personaggi come il grande storico Gioacchino Volpe o Ugo Papi, Rettore della Sapienza di Roma. A questi partecipavano in effetti le élites giovanili della destra del tempo. Vi erano poi decine di riviste e pubblicazioni che rappresentavano vere e proprie palestre di approfondimento culturale, storico e filosofico. Poi arrivò negli anni settanta il Fronte della Gioventù con i suoi campi Hobbit.
– A destra la tradizione è stata rinnovata con le scuole di formazione di Fratelli d’Italia e con la scuola della Fondazione An.
Per tutti questi partiti di sinistra, di centro e di destra le scuole rappresentavano un investimento sulle nuove generazioni ed un tentativo di fare sintesi tra cultura e politica.
– Ecco, da queste esperienze, più o meno gloriose, siamo passati ai twitter ed agli annunci per reclutare qualche volenteroso, come per qualsiasi lavoro generico e non qualificato.

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